Come il bar di Star Wars. La galassia dei Coldplay ridisegna il nuovo rock

In "Music of the Spheres" la band immagina un sistema solare popolato di alieni

Come il bar di Star Wars. La galassia dei Coldplay ridisegna il nuovo rock

Nell'attesa di ritirarsi dopo il dodicesimo album («Ancora tre dischi poi basta», ha appena detto Chris Martin), i Coldplay tornano con dodici canzoni. Un album intero. Attesissimo. E con ragione. Music of the spheres conferma che oggi ha senso fare un disco soltanto se c'è un filo conduttore, un'idea, un concept che leghi ciascun brano. Insomma i Coldplay tornano con un «concept album» ben sceneggiato, ben suonato e ottimamente cantato da una delle ultime popstar che abbia qualcosa da dire oltre alle stories di Instagram. Music of the spheres esce oggi 15 ottobre e ha un tema dominante, ossia il viaggio cosmico attraverso i fantasiosi pianeti di un ipotetico sistema solare, rappresentato anche sulla copertina del disco, e poi abbinati a ciascuna canzone.

Per capirci, i pianeti sono Neon Moon I (in Music of the Spheres), Kaotica (Higher Power), Echo (Humankind), Kubik (Alien Choir), Calypso (Let Somebody Go), Supersolis (Human Heart), Ultra (People of the Pride), Floris (Biutyful), Neon Moon II (Music of the Spheres II), Epiphane (My Universe), Infinity Station (Infinity Sign) e Coloratura (Coloratura). E nell'universo Coldplay ci sono pure un satellite naturale senza nome (che orbita intorno a Echo) mentre entrambe le lune di Neon orbitano intorno a Epiphane. Quindi si capisce che nel cosmo della più viva rock band del mondo c'è almeno una visione, il desiderio di costruire musica per pensanti e non soltanto per ascoltatori distratti.

E non è così scontato oggi.

Non a caso questo disco è stato anticipato da una imponente campagna (auto)promozionale fatta di social e annunci trasversali nelle metropolitane di tutto il mondo che hanno costruito, mese dopo mese, un viaggio spaziale con una rotta sci-fi alla fine esaltante se non altro per mancanza di concorrenti. Nell'era del «basta esserci» o del «singolo usa e getta», i Coldplay hanno un racconto e un disco del genere, ossia con questa esposizione, questa cura e questo appeal popolare, nel 2021 non s'era ancora sentito.

E forse neanche nel 2020.

In questa godibilissima miscela di rock (People of the pride) e pop (Human heart oltre alla super ascoltata Higher power) sembra di essere proprio dove Chris Martin si è immaginato questo disco: ossia nel bar di Guerre Stellari popolato di alieni, i più strani, i più incomprensibili. Da qui, si è chiesto come potrebbero sembrare i musicisti di altre galassie e non importa neanche che ci siano davvero: conta l'idea. «Da almeno due anni ci chiediamo come potrebbero suonare le band che vivono su altri pianeti», ha detto quello che è il cantante davvero cantante, uno delle poche superstar che non si appendano all'autotune o allo scandaletto social per avere popolarità. Non a caso, consapevole dell'usura che i grandi progetti impongono ai grandi artisti, ha chiarito che dopo i prossimi tre dischi i Coldplay ciao ciao. Smetteranno di registrare canzoni nuove ma non sarà mica finita lì: «Penso che vorremo sempre suonare dal vivo insieme. Quindi, credo che, come fanno i Rolling Stones, sarà fantastico se potremo ancora andare in tournée a settant'anni. Sarà meraviglioso, se qualcuno vorrà venire».

Di certo, se rimarranno al livello di questo disco (cui collabora anche il talento italiano Davide Rossi), il seguito di

pubblico sarà così fedele da garantire stadi tutti esauriti per i prossimi decenni. Perciò Music of the spheres non è soltanto un gran disco, ma è pure un'assicurazione sulla vita dei grandi concerti (in tutto il mondo).

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