San Francisco. Sono solo canzonette, chiosava Edoardo Bennato ma, in un momento di profonda crisi come quello che il mondo sta vivendo, con una pandemia in corso e l'America che brucia per le proteste sociali, la musica leggera può rappresentare la necessaria valvola di sfogo, un'importante fonte di evasione. Probabilmente, anche in altri tempi Beyoncé e Taylor Swift avrebbero avuto un incredibile successo lanciando, la prima il film musicale (ora su Disney Plus) Black is the King e la seconda l'ottavo album, Folklore, registrato quasi in segreto durante il lockdown. Probabilmente per loro poco sarebbe cambiato, ma ora che il mondo è in uno stato di perenne allarme, sociale e sanitario, il loro successo assume un significato più importante.
La Swift in una decina di giorni ha registrato scaricamenti via streaming equivalenti a quasi 850mila copie vendute ed è finita, primo caso nella storia, al primo posto nella classifica Billboard nella stessa settimana, sia per l'album che per il single. Un successo dovuto anche al fattore sorpresa. Sino al giorno del debutto infatti, lo scorso 24 luglio, non c'erano notizie riguardanti il disco, una raccolta di pezzi dal sapore un po' gotico, nati nel corso di un'emergenza mondiale: «Ci sono dentro tutti i miei capricci, sogni, paure e riflessioni di questi strani giorni», ha detto la cantante, che a detta dei critici ha dimostrato una incredibile maturazione con questo suo ottavo lavoro, passando dal pop ai ritmi indie americani e da testi molto personali a ballate aperte a storie diverse, leggende e racconti, come il triangolo amoroso visto da tre punti di vista differenti (con le canzoni Cardigan, August e Betty), il racconto di un'amicizia d'infanzia (Seven), quello della ricca ereditiera dalla quale la Swift ha comprato casa (The Last Great American Dynasty) e infine quello della pandemia, con Epiphany, nel quale la musicista mette a confronto l'esperienza del nonno in guerra con quella dei sanitari impegnati sul fronte Covid-19.
Una maturità e un impegno sociale che in qualche modo mette in relazione il suo lavoro con quello della più grande Beyoncé, da qualche giorno su Disney Plus con Black is the King, film di 90 minuti che è l'accompagnamento visivo all'album The Lion King: The Gift, a sua volta ispirato al successo cinematografico del 2019, Il Re Leone, live action tratto dal classico Disney per il quale Beyoncé aveva cantato il singolo Spirit.
Black is the king ha un forte impatto sociale e rappresenta un messaggio di pace a due mesi dall'omicidio, da parte della polizia di Minneapolis, di George Floyd, fatto che ha dato vita alle proteste tutt'ora in corso negli Stati Uniti e che ha rivitalizzato il movimento Black Lives Matter. Beyoncè con questo film porta avanti un'operazione di vera e propria pacificazione raziale. «La mia speranza per questo film è di far cambiare la percezione globale riguardo alla parola nero' dice la cantante - Per me essa ha sempre significato ispirazione, amore, forza e bellezza». La peculiarità del film diretto dalla stessa Beyoncé insieme a Emmanuel Adjei e Blitz Bazawule consiste nel riuscire a cancellare il peccato originale attribuito agli afro-americani, quello degli inizi in catene, con lo schiavismo. Black is King mostra una famiglia reale africana (rappresentata dalla stessa Beyoncé insieme alla figlia Blue Ivy, la madre Tina, il marito Jay-Z) e poi vede rappresentati altri quadri e racconti, grazie alla collaborazione di artisti come Pharrell Williams, Yemi Alade, Lord Afrixana, Shatta Wale, la modella Naomi Campbell, l'attrice premio Oscar Lupita Nyong'o e l'ex collega delle Destiny's Child Kelly Rowland. «Se tu pensi di essere insignificante dice Beyoncé faresti meglio a cambiare idea, tu sei parte di qualcosa di molto più grande, siamo tutti vincitori».
I malpensanti potrebbero insinuare una sorta di razzismo al contrario: tutti coloro che hanno lavorato al progetto cinematografico di Beyoncé appartengono alla comunità di colore. Produttori, registi, costumisti, truccatori, tutti, nessuno escluso, fanno parte della comunità afroamericana.
La cantante giustifica così la sua scelta: «Per anni la nostra storia è stata raccontata da altri, ma adesso le cose stanno cambiando ed è ora che si prendano in mano le fila del nostro racconto».Nessuno meglio di Beyoncé, una potenza anche a Hollywood, poteva farlo.
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