Branagh racconta una Belfast da western

Belfast, divisa tra buoni e cattivi, assomiglia al serraglio di tanti western, direttamente citati

Branagh racconta una Belfast da western

Belfast, divisa tra buoni e cattivi, assomiglia al serraglio di tanti western, direttamente citati. Da Liberty Valance a Mezzogiorno di fuoco. Il regista Kenneth Branagh, per interposto bambino, lascia raccontare al piccolo Buddy la sua infanzia in una città dove, nei primi anni '60, a un ragazzino era concesso di giocare in strada e, alla fine dello stesso decennio, in fondo alla via c'erano le barricate. Il violentissimo scontro sociale, politico e religioso tra cattolici e protestanti, repubblicani e lealisti, era diventato il terreno di una battaglia senza quartiere in una piccola capitale, dove i vicini, amici di ieri, diventavano improvvisamente i nemici di domani. Le lacerazioni avevano distrutto rapporti, lasciando solchi profondissimi, radicati nella mente e nell'animo di chi li ha vissuti. E Branagh è riuscito a parlarne solo dopo mezzo secolo. Ha trovato il tono giusto per raccontare la città e la gente che ha amato, nel momento forse più buio della storia recente. La pandemia. Così quello che è stato il lockdown del 1969 per riparare alla violenza di piazza e alle squadracce punitive, ha fatto rima con il lockdown del 2020 per difendersi da un virus che dopo il contagio portava alla morte, come cinquant'anni prima il germe della violenza. Ne esce un film che è un perfetto cocktail tra la nostalgia dell'infanzia di Buddy, lo spaccato familiare con gli ironici nonni e i preoccupati genitori e gli scontri, le barricate riflesse nel chiaroscuro di un bianco e nero suggestivo in cui si specchiano tensioni e poesia. Un bicromatismo che tocca i sentimenti nella stessa misura in cui suscita la condanna e, al tempo stesso, la pietà per militanti e combattenti che in un nanosecondo passano da vittime a oppressori. E se il film ha un difetto è proprio l'essere un po' gigione. Pensato e costruito per piacere a ogni latitudine.

Non solo a Belfast, ma anche in quella Hollywood dove è candidato a sette statuette, dalle più importanti - film, regia, attore e attrice protagonisti, sceneggiatura originale - a quelle secondarie del sonoro e della canzone.

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