Neppure trent'anni fa, era il 1989, il Centre Pompidou di Parigi inaugurò Magicien de la terre, la prima mostra d'arte contemporanea che includeva opere e manufatti realizzati in aree non ancora incluse nella mappa della terra. Da lì, poco prima che il mondo affrontasse rivolgimenti epocali, cominciammo a renderci conto che la produzione artistica non si limitava solo all'Occidente e che in Africa come in Oceania, nell'Asia islamica e nell'Estremo oriente, stava accadendo qualcosa di molto interessante con cui presto ci saremmo dovuti confrontare.
Oggi, a meno di tre decenni, sono in molti a pensare che con l'apertura del Louvre Abu Dhabi il centro dell'arte si sia definitivamente spostato negli Emirati Arabi, dove la disponibilità di capitali è immensa. Si tratta della nuova Firenze medicea? Della Parigi degli Impressionisti e delle avanguardie del primo '900? Della New York tra le due guerre e degli anni '60? Non ne siamo così sicuri, però l'operazione è parte dell'ambizione sfrenata di alcuni tra gli uomini più ricchi del mondo di conquistare il primato culturale dopo aver fondato le migliori compagnie aeree, essersi comprati le più forti squadre di calcio europee, aver attratto turismo d'elite e di massa in luoghi tradizionalmente chiusi. Con una strategia molto precisa: nel mondo arabo dove non si bada a spese mancano ancora le cosiddette soft structures, o se si preferisce quel famoso know how di cui la vecchia Europa è ancora depositaria.
Da qui l'idea del museo come brand. Lavorare su un marchio nuovo sarebbe stato troppo lento e difficile; meglio prendere accordi con il più prestigioso, il Louvre di Parigi, e pensare a una sede distaccata nel nuovissimo mondo, espressione sì di un gigantismo senza precedenti ma ben controllato dalla casa madre francese.
Il più atteso evento artistico del terzo millennio andrà dunque in scena dall'11 novembre nell'isolotto artificiale di Saadiyat, dieci anni dopo l'accordo siglato dal governo francese e dallo stato federale degli Emirati Arabi. Il marchio Louvre, che vale 400 milioni di euro, potrà essere utilizzato trent'anni e sei mesi, il prestito delle opere garantito per i prossimi dieci e l'organizzazione di mostre temporanee per la contropartita di circa un miliardo di euro da versare allo stesso Louvre e ad altri musei compartecipi, tra cui Orsay, Orangerie e Centre Pompidou.
Jean Nouvel, già architetto dell'Institut du Monde Arabe a Parigi, ha costruito questa astronave metropolitana nel deserto mescolando l'ispirazione della cultura islamica alla disciplina museologica occidentale. Il progetto si incastra in una sorta di «museum city» formato da 55 edifici bianchi, 23 gallerie, uno spazio dedicato ai bambini, un auditorium da 200 posti, più gli indispensabili servizi. L'intenzione è di farlo vivere quotidianamente, rendendolo in breve uno dei grandi poli d'attrazione turistica della zona, al pari di Burj Khalifa, il grattacielo più alto del mondo e The Palm nella «concorrente» e più aperta Dubai.
Nei numerosi comunicati spiccano, sia da parte francese che araba, parole come fusione tra culture, tolleranza, rispetto. Dove non riescono diplomazia e politica può farcela l'arte, insomma. Basti scorrere il primo elenco di opere che fanno parte della collezione per convincersi a prenotare volo e soggiorno: secoli di storia davanti agli occhi, dalla scultura greca Grecia del VI secolo alle mummie egizie, la testa di Buddha, Shiva danzante, la Madonna con bambino di Giovanni Bellini, il Ritratto di dama di Leonardo da Vinci, i mobili francesi settecenteschi, maestri espressionisti quali Manet, Monet, e poi Matisse, Gauguin, uno tra i più importanti pittori turchi dell'800, Osman Hambdy Bey, che raffigura un giovane emiro allo studio, giù fino ai capolavori del XX secolo con Picasso, Mondrian, Magritte, Twombly...
Seicento opere distribuite in 6.400 mq, senza contare gli spazi destinati alle temporanee dove se ne vedranno a rotazione altrettante su focus specifici delle immense collezioni parigine. Il tocco d'italianità è garantito dall'installazione site specific di Giuseppe Penone dal titolo Germinazione (ma anche dal fatto che l'editore ufficiale delle pubblicazioni del Louvre Abu Dhabi, catalogo e guide, è l'italiana Skira).
L'altro intervento dedicato è affidato all'americana Jenny Holzer: un muro in cui spicca la scritta «For Louvre Abu Dhabi». Qualcosa di più di un augurio, coerente con le intenzioni: trascendere geografia, nazionalità, storia, mettendo in luce temi universali e influenze comuni.
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