Broker falliti e poveri ricchi. Ecco la crisi secondo il "trio"

Aldo, Giovanni e Giacomo ribaltano i ruoli in una "lotta di classe" che diventa amicizia

Aldo, Giovanni e Giacomo in "Il ricco, il povero e il maggiordomo"
Aldo, Giovanni e Giacomo in "Il ricco, il povero e il maggiordomo"

Arriva per Natale la risposta comica di Aldo, Giovanni e Giacomo a Il capitale umano di Virzì, film che ha fatto imbufalire la Brianza, dipinta come luogo trucido e quattrinaio. Si ride, invece, del capitale disumano nella commedia Il ricco, il povero e il maggiordomo (da domani, 600 copie), dove il trio prende di petto le storture sociali, provocate dall'uso sconsiderato dei soldi, però con una rinfrancante dose di umorismo.

La vita è fatta a scale: c'è chi scende e c'è chi sale. Più rapidamente di prima, data la crisi. Così, nel film codiretto dai tre con Morgan Bertacca e scritto da loro insieme a Valerio Bariletti, Bertacca e Pasquale Plastino, le gag si sprecano intorno al totem dei nostri tempi: i soldi. Quelli che ci sono, nella vita del loffio broker milanese Giacomo, e quelli che svaniscono per i cattivi investimenti del riccone nell'immaginario paese africano del Burgundi. Ma anche quelli che il suo maggiordomo Giovanni, cultore di arti marziali, vorrebbe avere per sposare la cameriera Dolores. E pure quelli che Aldo, ambulante abusivo ancora accasato dalla mamma sarta (la brava Giuliana Lojodice), non ha mai avuto. Sullo sfondo del Pirellone, l'ex uomo d'affari è ridotto in miseria, però si ostina a girare in Maserati: il default finanziario, all'apparenza non lo tocca. Ma quando un finanziere gli sequestra l'ufficio di alta rappresentanza, la villa con piscina e l'auto di lusso, addio bella vita. E sparisce persino la liquidazione del maggiordomo, investita in Burgundi. Non rimane che trasferirsi nella stamberga di Aldo, una casetta di ringhiera: il ricco rinuncerà al muesli integrale cui è abituato e il maggiordomo, senza perdere l'aplomb, aiuterà il trio degli sfigati a trovare una soluzione. Perché, dietro l'angolo, potrebbe spuntare il finanziamento della funzionaria di banca Assia (Francesca Neri), a patto che Aldo se la porti a letto.

Nelle more d'un lieto fine consolatorio, bisogna fare di necessità virtù: nello stesso giorno si celebra il funerale della mamma di Aldo e il matrimonio del maggiordomo con la colf, usando i medesimi addobbi floreali. Come finisce? Il sogno del povero Aldo s'avvera: farà soldi a palate con una bancarella a norma di legge, mentre il ricco terrà la contabilità e il maggiordomo bordone a tutt'e due. Non c'è la Milano da bere, ma quella del fare e non circola una parolaccia, mentre il trio torna alla freschezza espositiva dei primi tempi, forse perché stavolta le spalle femminili sono del tutto marginali. Eccezion fatta per la Lojodice, gran signora del teatro nazionale, che con la sua particina di madre dispotica aggiunge molto pepe. «Non vogliamo ingarellarci con i cinepanettoni, anche se un po' temiamo Big Hero 6 : magari, una volta ci piacerebbe girare un film horror. Certo è che il nostro film parla dei guasti prodotti dall'arroganza con cui certuni maneggiano il denaro», dice Giovanni. Mentre per la Lojodice «questo film presenta un fattore politico interessante: oggi, i poveri si trovano ad aiutare i ricchi». Magari allude all'iniqua tassazione del ceto medio, l'attrice che quest'inverno ha resistito allo sfratto dal teatro Eliseo. Aldo, Giovanni e Giacomo non sono certo i fratelli Dardenne, ma in circa trent'anni hanno tenuto fede alla propria comicità mai volgare, rimanendo validi al box-office: nel 2011 La banda dei Babbi Natale ha incassato 24.536.000 euro.

«La nostra amicizia sincera è il segreto della nostra riuscita: leggiamo i copioni fino allo sfinimento, come si usa in teatro e teniamo soprattutto al ritmo. Il lavoro di gruppo è fondamentale», spiega Giacomo. Per Francesca Neri, qui la bancaria Assia che, in sottoveste, vuole sedurre Aldo, «i tre comici sono semplici e puri: è la loro forza».

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