"Ho lavorato con il meglio del cinema italiano: Sordi, Tognazzi, Manfredi, Volontè, Villaggio, Banfi... E pensare che papà mi voleva avvocato!". L'ironia di Camillo Milli è quella di sempre, anche oggi che compie 90 anni tondi tondi. Li festeggia con la moglie Mariangela nella sua casa di Genova, lui che è nato a Milano nel 1929 da padre romagnolo ("di Cesena") e madre torinese. Il grande amore della sua vita? Il teatro ("Ho portato Goldoni ovunque, anche a Broadway"), ma quante sbandate per il grande schermo: Il Marchese del Grillo, Fantozzi contro tutti, L'allenatore nel pallone e il cinema civile e satirico degli anni '70 (Vogliamo i colonnelli, Il caso Mattei)... e molto altro.
Prima domanda: è vero che lei si chiama Migliori e non Milli?
Proprio così. Ai tempi, sa, era sconveniente che il figlio di una buona famiglia milanese facesse l'attore. Mio padre, Giovanni Battista Migliori, era deputato della Dc e avvocato. Voleva che seguissi la sua strada, ma io avevo altro per la testa.
Il teatro?
La musica! Avrei voluto fare il conservatorio, mia madre però mi ha iscritto al classico...
Mi racconta il suo provino con Strehler?
Senza dire nulla ai miei, avevo già fatto qualche piccola esperienza all'Odeon con le sorelle Nava. Appena maggiorenne, nel 1951 provo a entrare alla scuola di recitazione del Piccolo Teatro. Uno degli aspiranti mi guarda e mi fa: "Sei basso, grasso e con una voce orribile: non ti prenderanno mai". Lui viene scartato, io invece... (ride, ndr)
E i suoi genitori?
Poco convinti, soprattutto mia madre. Ma la prima volta che mi ha visto recitare si è commossa. Magia del teatro...
della tv...
Il "Carosello" del China Martini con Ernesto Calindri e Franco Volpi: due signori di una cortesia straordinaria.
...e del cinema.
Il mio primo film? Ragazze d'oggi, nel 1955. Ricordo una scena girata in una piazza del Duomo stracolma di gente. E un'altra in macchina insieme a una graziosissima Marisa Allasio. A darmi il pane, però, è sempre stato il teatro. Prima con Strehler e poi con Squarzina, allo Stabile di Genova. Mi specializzo nel repertorio goldoniano: Arlecchino, Il servitore di due padroni, I gemelli veneziani... Gli anni più belli della mia vita. Con me c'erano grandi attori come Omero Antonutti, Eros Pagni e Alberto Lionello.
Ma la fama arriva con il grande schermo. Tutto inizia con Il caso Mattei, nel 1972.
Facevo la parte di un giornalista di destra durante una Tribuna elettorale. Se ho incrociato sul set Volontè? No, ma in compenso qualche anno prima avevo recitato con lui in "Giulietta e Romeo" al Teatro romano di Verona. C'era anche Carla Gravina.
Quindi lo sgangherato colpo di Stato in Vogliamo i colonnelli...
Ero Elpidio Aguzzo, "di nome e di fatto", la mente del golpe organizzato da Tognazzi. Ugo? Era un "amicone", sempre con la battuta pronta, anche sul set, cosa poco apprezzata dal regista (ride, ndr). Il mio era un ruolo comico, il primo di una lunga serie.
È per questo che ha lavorato così tanto con Villaggio?
Il mio amico Paolo... Aveva lavorato alla fabbrica Italsider prendendo spunto per le poltrone in pelle umana e tutto il resto. Faceva le sue prime performance in una saletta vicino allo Stabile: è lì che ci siamo conosciuti. Non è vero che fosse scontroso, anzi, quando si andava al ristorante era il primo a pagare per tutti. Ed era simpaticissimo!
Ha recitato con lui in sei film. Il suo preferito?
Mi sono divertito molto in Fantozzi contro Tutti dove ero Barambani, il direttore che caricava Fantozzi e Filini sulla sua barca per farli lavorare come schiavi. "I miei cari inferiori..."
Da direttore di Fantozzi-Villaggio a presidente di Canà-Banfi...
L'allenatore nel pallone. Ecco, quello è il personaggio che ricordano tutti: Borlotti, il presidente della Longobarda. E pensare che il calcio non mi interessa. Si aggiustano troppe partite... Proprio come nel film.
E poi c'è Il marchese del Grillo.
Il film più importante della mia carriera. Facevo il segretario di Stato del Papa, il cardinale Pacca. Un personaggio realmente vissuto che era stato il primo a fare una legge contro l'esportazione dei beni culturali. Che tipo era Sordi? Affabile, ma non uno zuzzurellone. Parlava con tutti fino a quando chiudeva la tendina della sua roulotte. "E tanti saluti"!
Non solo Monicelli, anche Magni e altri registi le hanno fatto indossare i panni dell'uomo di Chiesa. Si è mai chiesto il perché?
Forse per il mio fisico "cardinalizio", rotondetto. Ho "preso i voti" anche per Nanni Moretti in Habemus Papam. È un grande regista, molto professionale e bravissimo a mettere a suo agio gli attori. Con i tecnici, invece, è un pochino più nervosetto!" (ride, ndr)
Lei che ha indossato tutte quelle tonache, almeno è religioso?
Diciamo di sì. Già ho fatto arrabbiare papà una volta. Non vorrei che succedesse di nuovo! Mai sottovalutare la Dc...
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