Chiesto il ritiro del sequel di "Top Gun" per violazione dei diritti d'autore

Gli eredi dello scrittore che ispirò il primo episodio denunciano la Paramount

Chiesto il ritiro del sequel di "Top Gun" per violazione dei diritti d'autore

Era il maggio 1983 e su una rivista, che si chiamava semplicemente California, usciva un articolo, molto lungo (ancora recuperabile in Internet), dal titolo significativo: Top Guns. Era firmato dal giornalista Ehud Yonay e conteneva il resoconto di vari incontri fatti dall'autore con un pilota di F-14, Alex Hnarakis detto Yogi e di un RIO (Radar Intercept Officers), Dave Cully detto Possum, durante il loro addestramento nella scuola di combattimento per piloti della Marina Militare.

Probabilmente, sarebbe finita lì, con quella pubblicazione, che iniziava con la frase «At Mach 2 and 40,000 feet over California, it's always high noon» se, dopo qualche tempo, il Reader's Digest non avesse deciso di ripubblicarlo. Il che permise, allo stesso articolo, di finire nelle mani di Jerry Bruckheimer e Don Simpson, che capirono subito come, da quello scritto, potesse venirne fuori una grande sceneggiatura. Yogi ispirò il personaggio di Tom Cruise, Maverick. E si fece, così, un pezzo di fortuna del cinema e anche di chi vendette i diritti.

Ed ecco che ora, Top Gun, dopo aver combattuto contro i MiG nel primo episodio e i Su-57 nel secondo, si trova a dover affrontare un nemico inaspettato. Infatti, Top Gun: Maverick, il sequel al quale innumerevoli gestori di sale cinematografiche stanno accendendo un cero di ringraziamento visti gli incassi (550 milioni di dollari nel mondo), rischia di essere ritirato dai cinema.

La famiglia di Ehud Yonay, morto il 21 agosto 2012, a 71 anni, per un cancro al cervello, ha fatto causa alla Paramount. Il motivo? Lo «studio non si è peritato di procurarsi i diritti per il sequel». In sostanza, secondo la vedova di Yonay e i suoi figli, i diritti esclusivi del racconto, comprati dalla Paramount, sarebbero scaduti nel 2020. E gli eredi sostengono di aver informato, nel 2018, la Paramount che la concessione sarebbe cessata due anni dopo.

Da qui, la denuncia presentata al tribunale federale di Los Angeles, con richiesta di pagamento dei danni e una percentuale sugli incassi, sulla base che il sequel «non sarebbe stato possibile senza «la prosa evocativa dell'articolo». Chiedendo, in via preliminare, di fermare anche la distribuzione del blockbuster fino a quando l'azione legale sarà in corso.

La Paramount ha replicato che la causa «è infondata» e ha promesso di dare battaglia in tribunale. Secondo The Hollywood Reporter, la casa di produzione e distribuzione sostiene che la lavorazione era «sufficientemente completata» prima che i diritti spirassero.

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