“Christian”, il crime mistico in salsa romana da vedere su Sky

Realismo suburbano, accenti pulp e vite ai margini sono gli ingredienti di partenza di "Christian", serie intrigante grazie all’ambiguità crescente legata alle contaminazioni sovrannaturali

“Christian”, il crime mistico in salsa romana da vedere su Sky

La serie Christian, targata Sky Original e composta da sei episodi, fonde il genere supernatural a quello crime ed è sicuramente un prodotto degno di attenzione.

Il titolo coincide col nome del protagonista (Edoardo Pesce), un uomo sulla quarantina che abita con la madre (Lina Sastri), malata di Alzheimer, e si guadagna da vivere come scagnozzo di Lino (Giordano Di Plano), il boss del quartiere. Un giorno Christian avverte un dolore fortissimo alle mani, si trova a veder compromesse le sue doti di picchiatore e assiste di lì a poco alla comparsa di ferite in tutto e per tutto simili a stigmate. Come se non bastasse, si scopre capace di riportare in vita una ragazza appena spirata per un’overdose. Questo e altri miracoli conducono a poco a poco l’uomo a prendere coscienza della condotta di vita tenuta fino ad allora e la comunità a scorgere in lui la speranza in un domani migliore. Naturalmente tutto ciò minaccia il potere di Lino, la cui sovranità si fonda sul terrore. Intanto dal Vaticano arriva un individuo misterioso, Matteo (Claudio Santamaria), pronto a indagare la veridicità dei prodigi di cui si sta spargendo la voce.

Liberamente ispirata a una graphic novel, “Stigmate”, scritta da Claudio Piersanti e Lorenzo Mattotti, la serie si apre come altre del filone “malavita di periferia”. La messa in scena è cupa e la narrazione piena di violenza, ammantata di un realismo che atterrisce. “Christian” è fin dai primi momenti un tripudio di atti delinquenziali nati in seno a un’area degradata. La Città-Palazzo in cui si svolge l’azione ricorda un po’ le vele di Scampia di “Gomorra”, non solo a livello architettonico ma nella fauna umana. In squallidi appartamenti tappezzati di ambigua moralità, la prepotenza criminale viene spesso assolta come necessaria per il bene collettivo, inteso come l’interesse materiale di chi si trovi sotto la protezione del “gangster” locale.

Si capisce bene come “Christian” sia un prodotto derivativo, in particolare pensando agli scorci di romanità descritti da Garrone e Mainetti rispettivamente in “Dogman” e in “Jeeg Robot d’acciaio”, titoli di cui non a caso sia Pesce che Santamaria erano protagonisti. Per quanto eccellenti nelle loro nuove parti, i due attori stavolta gareggiano con altri di indiscusso fascino e bravura: Lina Sastri nei panni di Italia e Giordano Di Plano in quelli di Lino.

“Christian”, episodio dopo episodio, si configura sempre più come un’opera corale e composita in cui non solo il chiarore celeste squarcia il grigiore funesto, ma irrompono piccoli siparietti di gustosa ironia atti a smussare il pathos del duello tra Bene e Male.

Verso il finale di stagione sempre più personaggi, malgrado un continuo palleggio tra riferimenti religiosi e superstizione popolare, aprono gli occhi sul significato dell’esistenza e cedono al richiamo sovversivo del cambiamento. La crudeltà fa sempre più spazio alla tenerezza, un seme che solo grazie alla nuova luce trapelata dallo scorcio soprannaturale sembra finalmente germogliare.

“Christian” ha una partitura a tratti grottesca in cui accenti (anche ilari) di gustosa romanità cedono continuamente il passo all’enfasi del melodramma, dando luogo a una sorta di “Shakespeare alla vaccinara” che non si risparmia incursioni in stile Dan Brown nei misteri della fede e del Vaticano.

Di sicuro è il traballante confine tra oscurità demoniaca e talento salvifico che si respira in più di un personaggio a tenere incollati alla visione. Il fatto che nessuno possa essere condannato o assolto in toto, considerato l’humus compromesso in cui si è formato, è quel che più appassiona e, allo stesso tempo, spaventa. Luce e tenebra sono così indistinguibili in certi personaggi da renderne inconoscibile (talvolta anche a loro stessi) la reale natura.

In una tale compagine, c'è gente pronta a confondere la Natività con l'inizio dell'Apocalisse o l’Angelo caduto col Salvatore.

"Li riconoscerete dai loro frutti" sarà l'evangelica soluzione che terrà banco probabilmente nella seconda stagione della serie.

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