«È da quando eri a scuola che volevi fare il Primo Ministro». «È da quando sono nato», risponde Winston Churchill alla moglie Clementine nel giorno in cui arriva a casa il telegramma di Re Giorgio VI. Sono le prime battute di L'ora più buia, il film diretto da Joe Wright (il regista britannico di Espiazione e Orgoglio e pregiudizio) in uscita nelle sale il 18 gennaio e presentato fuori concorso in anteprima italiana all'edizione numero 35 del Torino Film Festival che oggi chiude i battenti. A interpretare uno dei più grandi statisti della storia contemporanea troviamo un Gary Oldman irriconoscibile ma estremamente credibile senza usare alcuna scorciatoia gigionesca. È quasi sicuro che entrerà nella cinquina dei migliori attori candidati all'Oscar 2018 con grandi possibilità di vittoria. Il passato e il presente del cinema e della tv è pieno di attori che si sono misurati con Churchill come Richard Burton, Timothy Spall, Albert Finney, Brendan Gleason, pure John Lithgow nella serie tv di Netflix The Crown. Ma forse nessuno, neanche Brian Cox nel film «gemello» uscito sempre quest'anno, Churchill, di Jonathan Teplitzky, ha saputo dare il senso di una personalità così complessa come il londinese Gary Oldman. Accanto a lui, nel ruolo della moglie Clemmie, c'è un'altra icona del cinema inglese, Kristin Scott Thomas. Ed è molto bella e tenera la sequenza in cui i due ricordano di come si sono conosciuti e amati (lei lo chiama affettuosamente «porcellino»).
Siamo nel 1940, e il film scritto da Anthony McCarten si concentra su un periodo fatidico, dal 10 maggio al 4 giugno. Sono i giorni in cui Churchill, a 65 anni, viene nominato Primo Ministro dal non troppo convinto Re balbuziente (ricordate l'altro bel film Il discorso del Re?) e in cui imprime alla politica estera del Regno Unito un carattere intransigente rispetto a (im)possibili accordi di pace con Hitler come venivano invece vagheggiati dal capo del Governo uscente Neville Chamberlain insieme a Lord Hallifax. Memorabili i tre importanti discorsi di Churchill (vincitore anche del Nobel per la letteratura nel 1953) che il regista riesce a mettere in scena senza annoiare. Anche perché lo spettatore si trova fin da subito a empatizzare con questo peculiare politico proprio grazie a una miscela sapiente (i più critici diranno «furba») di elementi ironici - il sigaro sempre in bocca come il bicchiere ripieno di alcolici (quando gli chiedono come faccia a bere tanto risponde candidamente «con l'allenamento»), la V con le dita fatta all'inizio al contrario che invece di vittoria risulta essere un insulto, le battute fulminanti come quando sta in bagno: «Mi posso occupare di una sola cacca alla volta», oppure quando ricorda il padre: «Era come Dio, sempre impegnato altrove» - alternati a momenti gravi in cui una decisione nel gabinetto di guerra può portare alla morte di migliaia di soldati. Proprio come è successo ai ragazzi inglesi sacrificati sulla spiaggia francese di Calais per tentare di distrarre i tedeschi dal fronte dell'altro litorale vicino, ma ben più importante con 400mila soldati, di Dunkerque.
Churchill, come abbiamo visto anche nel recente capolavoro di Chistopher Nolan Dunkirk, riporta la maggioranza dei militari a casa grazie all'idea di chiedere ai natanti britannici privati di andare a salvare i loro figli (una mossa che ha fatto dimenticare il suo storico disastro di Gallipoli quando era primo Lord dell'Ammiragliato).
L'umanizzazione di Churchill nel film arriva fino all'estrema conseguenze con la scena - che oggi fa molto Movimento 5 Stelle - di lui che scende per la prima volta nella metropolitana e chiede agli stupefatti passeggeri se bisogna combattere il nemico nazista o cercare di raggiungere un accordo. La risposta nel discorso del 4 giugno del 1940 che chiude il film: «Noi difenderemo la nostra isola, quale che sia il prezzo da pagare.
Combatteremo nei campi, combatteremo nelle spiagge, combatteremo sulle piste di atterraggio, combatteremo nei campi e nelle strade, combatteremo sulle colline. Non ci arrenderemo mai».La storia sanguinosa, ma vittoriosa, della Seconda Guerra Mondiale decisa in uno scompartimento della metro. Dibba prenda appunti.
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