"Greenland" di Ric Roman Waugh, film con protagonista Gerard Butler, è la terza grande produzione americana arrivata in sala nel post-lockdown, dopo "Tenet" e "Il giorno sbagliato".
Mostra un mondo in preda al panico per un'imminente apocalisse, scientificamente verosimile, il che non è forse invogliante da vedere in tempi inquietanti e incerti come i nostri.
Ad ogni modo, gli amanti del genere action, gli estimatori di Butler e chi si accontenti di un disaster-movie ridimensionato (il budget è di 36 milioni di dollari, spiccioli visto il genere), troveranno sul grande schermo quel che cercano.
Atlanta (Georgia). L'ingegnere strutturale John Garrity (Gerard Butler) e sua moglie Allison (Morena Baccarin) sono in fase di separazione. L'uomo torna a casa per il compleanno del figlioletto (Roger Dale Floyd), quando riceve un messaggio: è stato selezionato dal governo americano affinché prenda un volo che lo conduca al sicuro, assieme alla sua famiglia, in una destinazione segreta. Da giorni, infatti, i telegiornali raccontano di una cometa il cui avvicinamento alla Terra appare tanto spettacolare quanto innocuo. Non è così. Mancano in realtà 48 ore all'impatto. Solo pochi fortunati, scelti in base alla professione, avranno accesso a dei bunker in Groenlandia (da qui il titolo del film), da dove, se sopravvissuti, ricostruire la civiltà.
Regia essenziale, effetti visivi dignitosi e assonanze infinite con altri titoli di genere apocalittico, "Greenland" non brilla certo per originalità, ma garantisce un'angoscia crescente: è infatti una corsa contro il tempo, nel corso della quale si esplora il confine tra egoismo e istinto di sopravvivenza. Non è un film incentrato sulla catastrofe, quanto sull'atteggiamento umano in prossimità del suo arrivo. Con la fine del mondo alle porte, c'è chi riscopre sentimenti creduti perduti (come i due coniugi protagonisti), chi si dà all'edonismo e chi si fa prendere dal panico. Emergono anche gesti insensati e criminali come quello di darsi al saccheggio (a che pro, se il mondo sta finendo?) e alla violenza tout court. Il film evidenzia come, sull'orlo del baratro, le dicotomie caratteriali si accentuino e gli individui si dividano tra chi precipita nella totale assenza di compassione e chi scopre di avere un altruismo a tratti anche eroico.
A questo giro, Butler impersona un uomo come tanti, un padre di famiglia, il che rende maggiore l'immedesimazione da parte dello spettatore. Il suo personaggio ha una posizione privilegiata, un biglietto aereo verso l'ipotetica salvezza, ma sa cosa significhi appartenere alle categorie più vulnerabili, (al figlio diabetico sarà impedito l'imbarco). Quando il nucleo familiare si spezza, a più riprese, durante il film, si assiste ogni volta alla nascita di un incubo nell'incubo.
Intanto, sullo sfondo, nei resoconti dei notiziari, vediamo città rase al suolo in maniera istantanea dai primi piccoli frammenti di cometa che, violata l'atmosfera terrestre, raggiungono il suolo: una devastazione dalle proporzioni bibliche raccontata in scene drammatiche ma visivamente affascinanti.
L'attenzione del film, comunque, resta sui sentimenti e sull'importanza dell'unità familiare, più che, come detto, sul cataclisma globale all'orizzonte. La prospettiva intima è privilegiata, si pone l'accento su come durante un'emergenza globale il prossimo possa rivelarsi un nemico e s'insinuano nello spettatore domande circa cosa sarebbe disposto a fare pur di mettere in salvo i propri cari.
La verosimiglianza (finale a parte) di quanto scorre sullo schermo, sommata all'angoscia in cui è piombato il mondo reale, genera un effetto mai provato prima.
Se "Greenland", infatti, in altri momenti sarebbe apparso, al netto di cliché, prevedibilità e scivoloni in zona B-movie, un film dall'intrattenimento genuino e adrenalinico, oggi la sua percezione è alterata, resa diversa dal fatto che siamo noi, seduti in sala, a non essere più gli stessi.
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