Tra le uscite cinematografiche di questo fine settimana figura un film edito all'estero già da due anni e che in patria, ossia negli Stati Uniti, fu un assoluto flop: "Mr Cobbler e la bottega magica". Il motivo di un tale ripescaggio sta tutto nel nome del regista, Thomas McCarthy, che con la pellicola successiva, "Il caso Spotlight", si è aggiudicato pochi mesi fa due premi Oscar (miglior film e miglior sceneggiatura). Come sia possibile firmare in un paio d'anni due opere tanto agli antipodi in termini di qualità resta un mistero.
Max Simkin (un monoespressivo Adam Sandler) è un calzolaio nel Lower East Side newyorchese. La sua famiglia ha il negozio da quattro generazioni ma lui non sembra felice né del suo lavoro, ereditato quando il padre (uno sprecatissimo Dustin Hoffman) ha piantato in asso lui e sua madre (Lynn Cohen) scomparendo anni prima, né del suo privato, vivificato unicamente dalle chiacchiere con l'amico e vicino di bottega, Jimmy il barbiere (Steve Buscemi). Insoddisfatto e frustrato, non vede cambiamenti all'orizzonte fino al giorno in cui ritrova nel seminterrato una vecchia cucitrice. Scopre presto che la sua vita non sarà più la stessa: ogni volta che riparerà delle scarpe con quel macchinario, indossandole potrà trasformarsi nel loro proprietario.
Non c'è bisogno di scomodare una celebre poesia di Pirandello per capire che indossare le calzature di qualcun altro è la metafora suprema dell'empatia, il gesto figurato di guardare il mondo dalla sua prospettiva e rinunciare alla propria. Poiché il protagonista ci viene presentato come un individuo paralizzato dal continuo confronto svantaggioso tra la sua vita e quelle degli altri, sarebbe stato importante avviarne un processo di evoluzione e guarigione grazie all'incontro con una macchina magica (ma anche deus ex machina) in grado di fargli letteralmente esperire il bellissimo proverbio "prima di giudicare qualcuno, percorri un miglio nelle sue scarpe", (versione abbordabile del "cammina per tre lune nelle sue scarpe" originario dei pellerossa). Invece, lo spunto suggestivo alla base del soggetto viene ben presto abortito in un modo che appare perfino consapevole tanto è articolato: i toni caramellosi si alternano ad altri gratuitamente drammatici e la trama annaspa tra il noioso e il confusionario, impantanandosi nella sterile narrazione di raggiri criminali e speculazioni edilizie. Il riscontro al box office, soprattutto americano, non è quasi mai indicativo della qualità di una pellicola ma in questo caso i due parametri sembrano direttamente proporzionali.
"Mr Cobbler e la bottega magica" voleva essere una favola per famiglie, intrattenere grandi e piccoli con qualcosa a cavallo tra la commedia leggera, quella amara e il cinema fantastico, toccando anche argomenti seri come la responsabilità sociale e la scoperta di sé.
La sensazione all'uscita dalla sala, però, è quasi quella di aver visto un film sul Natale in cui del Natale non c'è traccia: una contraddizione fastidiosa, proprio come quella tra una bottega magica e l'assoluta assenza di magia nel raccontarla.
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