"Una notte di 12 anni", terzo lungometraggio del regista uruguaiano Álvaro Brechner, è un piccolo gioiello.
Ambientato nell'Uruguay del 1973, all'indomani del colpo di stato che istituì la dittatura militare, racconta di tre ribelli Tupamaros (Antonio de la Torre, Alfonso Tort e Chino Darìn) che, pur scampati all'iniziale repressione nel sangue, finiscono prigionieri del regime. Inseriti in un progetto di detenzione sperimentale finalizzato a portarli alla pazzia, per dodici anni sopravvivranno in condizioni disumane.
Il film è basato su fatti reali e, una volta tornata la democrazia, i protagonisti diverranno figure fondamentali dell’Uruguay contemporaneo: José “Pepe” Mujica Presidente, Eleuterio Fernández Huidobro Ministro della difesa e Mauricio Rosencof uno scrittore e poeta di fama internazionale.
"Una notte di 12 anni" è un'opera che si distingue dalle analoghe di genere per l'inusitata potenza immersiva. Il regista è abile nel creare un profondo contatto empatico tra spettatore e carcerati, al punto da dare luogo a un'esperienza che potremmo definire sensoriale. Si è resi testimoni ravvicinati di una detenzione di cui non vengono risparmiati particolari angoscianti: i tre trascorrono quasi tutto il tempo incappucciati, in isolamento, in condizioni igieniche drammatiche e in totale assenza di riferimenti. Inoltre la deportazione di carcere in carcere include spesso l'incognita di nuove privazioni e umiliazioni. Eppure non si indugia sulla sofferenza in maniera retorica, l'accento resta sui bagliori in grado di squarciare quell'oscurità: può trattarsi di piccole notizie riguardanti il mondo esterno, di una partita a scacchi immaginaria, di ricordi o di sogni, in ogni caso di antidoti all'alienazione e all'abbrutimento. Nonostante gli sforzi profusi al fine di conservare la capacità di intendere e di volere, può capitare ai prigionieri di incorrere in allucinazioni e sintomi di paranoia, ma l'antidoto a tali demoni viene loro da sporadiche occasioni di sorriso e d'interazione. C'è una scena, ad esempio, che irride l'intera gerarchia militare chiamata a vedersela con un problema di defecazione, ce ne sono altre in cui si respira un po' d'umanità grazie a un soldato sentimentalmente goffo che elegge uno degli ostaggi a proprio Cyrano.
La visione di "Una notte di 12 anni", infatti, non è triste e opprimente come si potrebbe evincere dalla sinossi, perché il girato tocca diversi registri e la gravità di fondo è talvolta stemperata da autentica leggerezza. La regia è abbastanza lineare pur alternando momenti presenti e flashback, realismo e scorci onirici. I dialoghi sono ridotti al minimo e sono spesso le immagini a parlare, soprattutto quelle la cui forza espressiva è amplificata proprio dal silenzio.
"Una notte di 12 anni" ha il pregio di non limitarsi a muovere indignazione, preferendo promuovere un messaggio di speranza: non solo il ritorno a una vita degna di questo nome è sempre possibile, ma non esistono angherie e sopraffazioni in grado di mutilare talenti e vocazioni. Un film a suo modo terapeutico e che resta addosso.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.