Franco Battiato è molto importante nella cultura del nostro Paese. E forse non solo del nostro Paese. Un artista così importante è sicuramente una risorsa per l'evoluzione della civiltà. Perché? Perché Battiato, con quella curiosità che l'ha spinto sempre in territori inesplorati, ha sempre connesso zone diverse che non erano collegate, che non avevano margini in comune. Per capirci, dischi alla stregua di Come un cammello in una grondaia hanno messo insieme il popolo e l'arte. Quello non è semplicemente un disco. È un intellettuale che ha spinto all'apertura intellettuale. Ha «acculturato» il popolo. Ha ristrutturato l'idea stessa di Accademia. E il tributo di ieri sera all'Arena di Verona si è rivelato un grande abbraccio musicale perché il segno di Franco Battiato è stato talmente trasversale da andare al di là delle generazioni e delle ideologie politiche. Battiato entra nella vita di tutti perché questa sua grande capacità di esprimere la vita stessa non è solo estetica ma anche etica. Mi spiego meglio. Dentro una sua canzone c'è il bello ma c'è anche il buono. Perciò dall'inizio degli anni Novanta abbiamo iniziato a chiamarlo «maestro». Non un maestro come quello che trovi a scuola, con tutto il rispetto per loro. Ma un maestro come quello che trovi fuori da scuola, nella vita di tutti. Non a caso, la sua complessità è enorme. C'è un aspetto etico, come abbiamo detto. C'è quello artistico, ovviamente. E c'è quello spirituale. Che molti hanno sentito, percepito e assimilato. È un aspetto che non c'è negli altri cantautori. Proprio per questo, la completezza di Battiato è totale. Assoluta. E, paradossalmente, questa complessità si combina con un essere umano totalmente semplice. E senza quelle spigolosità che si incontrano spesso negli artisti. Lui era armonico. Nel brano È stato molto bello, dal disco Gommalacca, canta che «io non invecchio niente più mi incatena». Un testo di Manlio Sgalambro, una figura molto importante per Battiato. Avevano una relazione ironica, loro due, si davano addirittura del lei. Insomma, Battiato aveva incontrato qualcuno che era più Battiato di Battiato. Il testo de La cura, ad esempio, è di Sgalambro. Facendo Gommalacca, chiesi a Battiato perché non scrivesse più i testi delle canzoni. Mi rispose che, da quando era morta sua mamma, lui non aveva più messo mano a nessun testo. Ora lascia una grande eredità. E che cosa si farà di questo lascito? Ho sollevato la questione della lapide, che è stata male interpretata. Ma, a parte questo, il lascito è da trattare con grande rispetto.
Lui non assomigliava a nulla e quello che ha fatto è al cento per cento originale. Chi potrà prendere in mano questo messaggio e trasmetterlo? Non lo so. Basta solo che non venga sfruttato. La cosa più orrenda e schifosa è quando si usano i grandissimi artisti come fossero fenomeni commerciali.
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