Convince "Il grande salto" alla regia dell'attore Tirabassi

Due rapinatori di serie B, perdigiorno senza speranza e perseguitati dalla sfortuna, sono i protagonisti di un'opera prima che fa riassaporare la storica commedia all'italiana.

Convince "Il grande salto" alla regia dell'attore Tirabassi

Giorgio Tirabassi, alla sua prima prova registica, dirige "Il grande salto", di cui è anche co-protagonista e co-sceneggiatore, e omaggia un cinema che non c'è più da un tempo che pare infinito. Il film, infatti, nato da alcuni monologhi andati in scena a teatro, segue stilemi narrativi che suggeriscono avere in maestri come Citti, Germi, Scola, Monicelli e Risi i punti di riferimento. Anche se ciò non basta a porlo all'altezza della stagione della grande e amara commedia all'italiana, il risultato è indubbiamente gradevole e di buon auspicio per l'avvenire del nostro cinema.

Siamo nella periferia romana. Appena usciti di prigione, dove hanno scontato quattro anni per un colpo andato male, i cinquantenni Rufetto (Giorgio Tirabassi) e Nello (Ricky Memphis) si ritrovano senza un vero posto nel mondo. Il primo, con moglie (Roberta Mattei) e figlio, inizia a vivere a sbafo dai suoceri (Gianfelice Imparato e Paola Tiziana Cruciani), il secondo, single, va ad abitare in un seminterrato fatiscente e grande come una cella.

I due nullafacenti, legati da profonda amicizia, non sono solo complici nella quotidianità ma anche nel sogno di un colpo che permetta loro il "grande salto" in grado di risolvere ogni problema. Eppure, nonostante la risolutezza e l'impegno profuso, Rufetto e Nello sono osteggiati dalla malasorte che continua incessantemente a sabotare i loro propositi.

Gli attori protagonisti, Tirabassi e Memphis, amici e colleghi dai tempi della fiction tv ‘Distretto di Polizia’, formano una coppia collaudata e divertente. I loro personaggi, sgangherati cuori di borgata senza lavoro né casa, affrontano la propria disfatta esistenziale con disincanto sarcastico anziché con sgomento e questo li rende amabili. Esponenti di un'umanità sventurata e votata alla sconfitta, tirano a campare e incarnano una sorta di versione aggiornata de "I soliti ignoti". Il fatto che prima ancora che piccoli delinquenti siano dei poveri diavoli, assesta infine un duro e giusto colpo all'aura mitica che in questi anni è stata attribuita alla criminalità romana da pellicole come "Suburra", "Gomorra" e "Romanzo Criminale".

Oltre che dall'efficace caratterizzazione dei ruoli principali, "Il grande salto" trae forza dalla felice scelta degli interpreti secondari, dagli spassosi camei di Valerio Mastandrea, Marco Giallini e Pasquale “Lillo” Petrolo, ma soprattutto dal prediligere un'ilarità toccante e malinconica alla grassa risata acchiappa pubblico.

Se c'è una cosa, però, che non convince appieno nel racconto, è la gestione del tono: la commedia realistica piena d'ironia sardonica cede il passo ad accenti grotteschi e a svolte surreali in maniera fluida, mentre le sfumature drammatiche della terza parte, necessarie e importanti, restano

artificiose, integrate con incertezza.

Nel complesso, comunque, "Il grande salto" si rivela davvero una piacevole sorpresa e non stupisce che pur trattandosi di un'opera low-budget sia stata scelta dalla grande distribuzione.

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