In effetti un Renato Zero così in forma non si vedeva da un bel po'. Forse per questo ha fatto ascoltare il nuovo album Zero il Folle qui all'Auditorium Parco della Musica, e ha soffiato davanti ai fan sulla candelina della torta di compleanno. Sessantanove anni sarebbero l'età giusta per una onorevole pensione. E invece Renato Zero li festeggia con il suo miglior disco da tanto tempo, così pieno di chitarre e testi pensosi che la produzione di Trevor Horn (produttore di Paul McCartney e Robbie Williams) ha portato in equilibrio perfetto. «Sono diventato Renato Zero perché prima di me c'erano Eric Clapton, John Mayall e Frankie Valli. Qualcuno mi portava i loro dischi di nascosto perché li bloccavano alla frontiera, forse già allora c'era un Salvini...», spiega lui con un una combinazione strepitosa di occhiali e cappello («Sei un gran figo» gli urlano). E che all'età della possibile pensione lui sia invece arrivato alla seconda gioventù si capisce anche dalla reazione del pubblico. D'accordo, i sorcini (Marco Travaglio è uno di loro) non fanno compromessi e seguono Renato Zero ovunque e comunque. Ma un tour che ha già tredici date tutte esaurite prima ancora della pubblicazione del disco è oggettivamente un privilegio di questi tempi concesso a pochi.
Di solito, caro Renato Zero, si fatica a riempire i palasport.
«Inizieremo il primo novembre a Firenze e sul palco ci saranno sia Zero che Renato, ormai viviamo insieme da anni, usiamo anche le stesse lamette e abbiamo trovato un equilibrio».
E il folle?
«È il riassunto di noi due».
Per i benpensanti è sempre stata una pecora nera.
«Non sono un mestierante, sono uno che è uscito dagli schemi e ha mandato affanc... la borghesia nonostante io venga da una famiglia borghese e oggi ne condivida tanti valori. Diciamo che sono sempre stato un portatore sano di coraggio».
Questo disco Zero il Folle, che esce venerdì 4, è una sorta di manifesto sugli argomenti più complessi tipo il calo di nascite.
«In La culla è vuota mi riferisco allo spopolamento del nostro Paese. Sono vecchia maniera, sono ancora convinto che l'amore si debba trasformare in nuova vita. E, oltretutto, penso che fare un figlio e poi lasciarlo in balia del proprio destino sia criminale».
Ma lei non ha fatto figli.
«Ho scelto di non tralasciare chi era al mondo ma non aveva indirizzo di residenza. L'ho adottato. E mi ha reso nonno di due nipotini».
In Figli tuoi c'è un verso chiarissimo: «Ma non nascere sarebbe davvero una grande occasione persa». Uno slogan anti abortista.
«Ci sono situazioni, come le donne che hanno subito violenza sessuale, nelle quali credo sia legittimo un eventuale aborto. Ma condanno fortemente l'aborto determinato dalla superficialità e dalla disattenzione di chi non mette un profilattico o una spirale».
Nella chitarrosa Un uomo è lei canta molto chiaramente che «il maschio impazza e l'uomo scarseggia».
«In effetti di maschi ce ne sono tanti e belli, tutti palestrati e in forma. Ma gli uomini sono più rari e anche quelli che sono in Parlamento non mi sconfinferano troppo. L'uomo latita perché si rassegna, non reagisce. Noi dobbiamo bussare alla porta del figlio di mign... che picchia la moglie....
Zero il folle esce con quattro copertine diverse.
«Sono le mie identità, quelle che mi hanno portato a scrivere canzoni che hanno fatto domande a molte persone e ricevuto tante risposte diverse».
In Ufficio reclami lei «implora pietà a fratelli e sorelle» di aprire il convento perché «Ho molto peccato offrendo il peggio che c'è».
« Sono un peccatore eccellente e non mi aspetto molta clemenza dal piano di sopra...».
Ma questo peccatore a chi si è ispirato?
«L'elenco è lunghissimo. Da Lindsay Kemp a Paolo Poli, da Van Gogh a Pier Paolo Pasolini, che per sfortuna non ho mai conosciuto, fino a Beethoven e Mozart, Lady Gaga e i Queen...».
Che fretta c'è è un elogio all'ambientalismo. Ora l'idolo è Greta Thunberg.
«Non vedo che male faccia una bimbetta che si permette di alzare il dito e dire che vorrebbe un mondo migliore».
Più volte, nel disco, lei fa riferimento alla morte.
«Io sono morto svariate volte e, da
allora, ho trovato un compromesso con l'idea di morire. Il mio brano Quattro passi nel blu è dedicato a Lucio Dalla, a Ivan Graziani, a Mango, ai miei grandi amici che abbiamo perso e dei quali ogni giorno sento la mancanza.
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