"Diabolik", i Manetti raccontano un eroe glaciale

Da giovedì arriva il film con Luca Marinelli e un'ottima Miriam Leone nei panni di Eva Kant

"Diabolik", i Manetti raccontano un eroe glaciale

I fumetti non hanno voce. Ognuno di noi idealizza quelli preferiti, adattandoli al proprio modo di sentire e vedere. Figuriamoci un personaggio come Diabolik, tendenzialmente taciturno; che è uno dei tratti affascinanti di una icona che, da 60 anni (l'anno prossimo), ha saputo resistere anche alla rete e al ricambio generazionale, tanto da essere, ancora oggi, sul podio degli albi più venduti in Italia. Comprensibile, quindi, il «rischio delusione fan» nel trasportare, su grande schermo (dal 16 dicembre), come hanno fatto i fratelli Manetti, le peripezie del ladro mascherato con la sua iconica tuta nera, alla guida della immancabile Jaguar E-type.

È la seconda apparizione cinematografica di Diabolik, dopo quella del 1968, firmata da Mario Bava, che era più simile a un film di James Bond e che fece storcere la bocca alle due autrici, le sorelle Giussani. La scelta di impersonare l'icona è ricaduta, ora, su Luca Marinelli, che neanche gli assomiglia, ma che ha cercato di caratterizzarlo pur con un risultato complessivo appena sufficiente (che è il giudizio complessivo dell'opera). Diabolik si sviluppa intorno al primo incontro tra il celebre cacciatore di gioielli e la sua futura compagna e complice Eva Kant, rispecchiando, grosso modo, l'albo numero tre della serie originale, ovvero L'arresto di Diabolik. Siamo negli anni Sessanta, anche se farete fatica a ritrovare qualche segno di quell'epoca, tolte le macchine che circolano. Dopo un inseguimento nelle vie della immaginaria Clerville (ma siamo a Milano), Diabolik sfugge all'ennesimo tentativo di arresto da parte dell'ispettore Ginko (Valerio Mastandrea, quello più sacrificato nel film). Si fa chiamare Walter Dorian e vive con Elizabeth Gay, ignara di essere la fidanzata del criminale più ricercato dalla polizia. Saputo dell'arrivo di Lady Eva Kant (bravissima Miriam Leone, la migliore del trio di protagonisti), Diabolik, travestito da Ginko (anche se nell'originale del 1963 questa scena non c'è), carpisce, alla vedova, informazioni sul suo prezioso Diamante Rosa. Dopo aver sorpreso il ladro nella sua camera d'hotel, intento a rubarlo, tra i due scoppia, irrefrenabile, la passione. Eva è, però, ricattata, per il suo passato, da George Caron, vice ministro della Giustizia, che la vuole sposare. Intanto Elizabeth, dopo aver scoperto il rifugio segreto del criminale, senza volerlo fa arrestare il suo Dorian/Diabolik dall'ispettore. Al processo, il ladro viene condannato alla decapitazione. Con l'aiuto di Eva, riuscirà a fuggire? È il titolo italiano più importante sul quale puntiamo in questo Natale 2021. La scelta, evidente, dei Manetti, è stata quella di trattare Eva Kant alla stessa stregua di Diabolik. È la coppia al centro, con i protagonisti che si dividono equamente la scena, forse in onore delle due creatrici, Angela e Luciana Giussani, signore della buona borghesia milanese che avevano ideato un'eroina «femminista» molto prima del '68. La Eva Kant di Miriam Leone è una donna moderna, indipendente, che sa quel che vuole, abbinando fascino ed intelligenza. I Manetti hanno rinunciato alla loro ironia, per adeguarsi alla glacialità del loro protagonista. C'è troppa serietà, prevedibilità, distacco in un film dalla atmosfera quasi inconsistente, con una trama che raramente desta interesse.

Non aiutano un cast di supporto non all'altezza del trio e dialoghi, a volte, inverosimili. Meglio il fumetto, insomma, e una visita alla mostra, al Museo del Cinema di Torino, Diabolik alla Mole che, dal 16/12, regalerà, quella sì, le vere atmosfere e suggestioni di una icona senza età.

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