Dominatrici della classifica. Un'estate sempre più "rosa"

La Perrin ha tre libri in classifica, la Auci le tiene testa, la Miller è ormai un sorprendente long seller

Dominatrici della classifica. Un'estate sempre più "rosa"

Quest'estate va di moda il rosa. Eravamo abituati al giallo, e anche al nero, invece qualcosa come tre libri su quattro, di quelli che vendono tanto, che finiscono nelle classifiche, come si vede anche su questo stesso giornale, sono libri che sembrano fatti da donne per le donne. Ora, che siano fatti «da» donne, non c'è dubbio. La signora Valérie Perrin, autrice di Tre (edizioni e/o) è una donna, ha scritto altri due libri che entrambi continuano a vendere molto, Cambiare l'acqua ai fiori (e/o) e Il quaderno dell'amore perduto. Sempre molto richiesti sono poi i due volumi della «saga dei Florio», di Stefania Auci, cioè I leoni di Sicilia (Nord) e L'inverno dei leoni (Nord). Poi c'è il caso di Madeline Miller, con La canzone di Achille (Marsilio), riproposizione del rapporto Achille-Patroclo dall'epica di Omero alla salsa gay, perché là dove il rosa non basta più, diamo a tutti l'arcobaleno.

E viene il sospetto che questi libri fatti da donne siano scritti e pubblicati «per» le donne. Tantopiù se di guarda ai romanzi indubbiamente scritti da uomini, per esempio Quando si avvera un desiderio, di Nicholas Sparks (ed. Sperling & Kupfer) e Finché il caffè è caldo di Toshikazu Kawaguchi (Grazanti), che per gli stessi motivi sembrano confezionati con uno scopo preciso: parlare alle lettrici in quanto donne. Rivolgersi a quello che negli uffici marketing si chiama il «pubblico femminile», cioè quello che, andando avanti così, rimarrà l'unico. Perché i gialli e i noir, sono roba da maschi, o meglio: se i maschi leggono ancora qualcosa, è soprattutto quello. Invece così si ha l'impressione che stiano mollando il colpo, vadano a ridursi in una riserva indiana.

Non è il caso di fare qui della sociologia spicciola, tanto più che sono gli addetti ai lavori i primi a non capire le cause dei fenomeni editoriali. Basta prendere atto dell'esistente. Questa ondata rosa, questa «Pink wave», è in crescita da molto tempo. Si basa su temi intrisi di retorica sentimentale, in cui prevale quello della donna forte, che supera le avversità a colpi di sensibile consapevolezza per le disgrazie altrui. Basta guardare alle trame, per capirlo: sentimenti universali, amicizia e amore. Trionfo del karma. Tutto quello che rientra sotto l'ombrello delle nuove asfissianti macrocategorie: «empatia» e «resilienza».

La stessa Perrin ha definito il proprio romanzo «medicamentoso» e «consolante», cioè terapeutico. E certo, in un mondo tutto così malato e difficilmente vaccinabile, che altro potevamo aspettarci. Giusto per non farsi mancare niente e segnare il territorio a tutto campo, Tre contiene anche una giornalista investigativa che deve risolvere un mistero. Il polpettone New pink è spesso vegetariano, e naturalmente animalista. Come una creatura che fa la muta e desidera cambiar pelle, le nuove narratrici vogliono uscire dal genere «romance» e istituzionalizzarsi a ogni livello.

I libri che abbiamo citato fin qui contengono tutti quello che si pensa le donne vogliano sentirsi dire, sulla base di un imperativo per cui anche l'ultima ristampa Einaudi di Paesi tuoi, l'esordio di Cesare Pavese, contiene un testo critico della scrittrice Nadia Terranova che cerca di restituirci un autore depurato dall'ineguaglianza di genere. La Terranova è la stessa che nella fascetta di copertina di I leoni di Sicilia tira la volata a Stefania Auci: «Da tempo non leggevo un romanzo così: grande storia e grande letteratura». È lei stessa una scrittrice che sembra pensare solo alle donne.

Una nota comune della narrativa Neorosa sta non solo nell'uniformità dei temi, ma anche nell'omologazione linguistica, il che si nota soprattutto in due casi. Innanzitutto, nelle descrizioni dei volti, dove, che si tratti della Ferrante o della Perrin o della Auci, siamo sempre in presenza di carnagioni pallide, lattiginose, di figure slanciate, di corpi magri, di labbra carnose, di occhi accesi.

In secondo luogo nelle scene di sesso, che ormai sembrano scritte da un software, in un tentativo spasmodico e involontariamente comico di farci capire quanto le donne siano libere e padrone del proprio corpo. Al punto che in Cambiare l'acqua ai fiori la Perrin riesce a scrivere questo: «Andava e veniva dentro di me facendomi lanciare gridi da scrofa sgozzata. Non ha mai capito che le mie grida erano il paradiso e l'inferno, il bene e il male, il piacere e il dolore, l'inizio della fine».

Ecco, non è chiaro se siamo alla fine o all'inizio di qualcosa. Di certo siamo all'uniforme povertà lessicale e sintattica.

Un passaggio di un altro besteller, Il sogno della Crisalide di Vanessa Montfort (Feltrinelli) è quasi una rivelazione: «Non potrei descriverla facilmente, perché in lei è tutto un luogo comune () è una donna di mezza età e mezza intelligenza».

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