Eliot, la moglie impossibile e la «fuga» felice in America

Nelle lettere del 1932-33 il rapporto tormentato con Vivienne, che definisce «un brutto romanzo di Dostoevskij». I contatti con Joyce e il periodo a Harvard tra Fitzgerald, Burroughs e il teatro

Aridea Fezzi PriceLondraL a pubblicazione quest'inverno dell'edizione completa dei poemi e dei versi noti e meno noti di T.S. Eliot per un totale di 2000 pagine a cura di Christopher Ricks e Jim McCue per la Faber & Faber - La terra desolata completata dalle liriche originariamente intese - è stato un evento letterario di vasta risonanza cui fa eco in questi giorni l'uscita del sesto volume dell'immenso epistolario del poeta, per il quale scrivere lettere era la forma prediletta in prosa: «Un poeta può essere giudicato dalle sue lettere», aveva dichiarato in una conferenza alla Yale University nel 1933.Curate come i precedenti volumi da Valerie Eliot, vedova del poeta recentemente scomparsa, e dallo studioso John Haffenden, The Letters of T.S. Eliot Volume 6: 19321933 (Londra, Edizioni Faber & Faber, pagg. 847, sterline 50) gettano nuova luce sul lungo e tormentato primo matrimonio del poeta con Vivienne Haigh-Wood, da sempre oggetto di interpretazioni violente e soggettive. Da una parte la tesi femminista che vuole Eliot colpevole di deplorevoli crudeltà nei confronti della moglie, malata di depressione bipolare o schizofrenia paranoica, dall'altra la tesi che concede all'instabilità di Vivienne un'influenza importante sull'opera del poeta. Senza Viv insomma Eliot non avrebbe composto La terra desolata, un'opinione avvallata dalla celebre pièce di Michael Hasting Tom and Viv del 1984, tradotta nel film con William Defoe e Miranda Richardson, nel 1994.In entrambi i casi si è sempre sorvolato sui resoconti di chi la conosceva da vicino, come Leonard Woolf e Virginia, che nel 1930 annotava nel diario: «Vivienne, una tortura, sopportarla tutto il giorno, aggressiva, delirante, malsana, imbellettata, sfrenata un'Ofelia che nessun Amleto potrebbe amare. Un laccio al collo per il povero Tom». Ora le lettere di questi due anni, finora non disponibili ai biografi, sfidano l'opinione diffusa offrendo una nuova prospettiva, rivelando l'intensità del dolore di entrambi e trasmettendo tutta l'angoscia reciproca nella corrispondenza con amici e fra loro. Quelle di lei a volte proiettano l'immagine di una donna intelligente e spiritosa, più spesso riflettono la sua confusione e il deterioramento delle sue condizioni, «penso che sarebbe una buona cosa per me andare in un Sanatorio il mio stato di salute è tremendo, ho un aspetto orribile», scrive. Quelle di lui rivelano il suo rancore e il suo senso di colpa, e molte sono una testimonianza della sua compassione per la fragilità mentale della moglie, si preoccupa che rimanga senza amici, si impegna a occuparsi di tutte le sue cure mediche.Dopo diciotto anni di vita insieme, Eliot nel 1932 decide di dare un taglio netto a un incubo, a una vita simile «a un brutto romanzo di Dostoevskij» e di accettare come una liberazione un incarico di sette mesi negli Stati Uniti all'università Harvard, un distacco che prelude la separazione definitiva.Tuttavia, pur assorbito dal tormento di concludere la vicenda impossibile con Viv, Eliot rimane sempre un lucido interprete del suo tempo e continua con indefessa energia il suo lavoro alla casa editrice Faber & Faber e alla testa del Criterion, la rivista da lui fondata nel 1923. Ha frequenti contatti con Joyce, di cui pubblica il poema Ecce Puer, combattendo con la censura per pubblicare l'Ulisse in Inghilterra. Pubblica Gli Oratori di W.H. Auden dichiarandola l'unica satira recente degna di essere letta, chiede recensioni su Goethe a Stephen Spender in Germania, intense sono le lettere a Ezra Pound in risposta a quelle caotiche e geniali di lui, discute l'opera di Marx con Keynes, dibatte Kierkegaard e sollecita commenti da angolazioni diverse sul nuovo saggio di H.G. Wells The Work, Wealth and Happiness of Mankind. Con la polemica e stizzosa Edith Sitwell difende la libertà d'opinione dei suoi collaboratori, «non considero il Criterion un organo personale e i contributi spesso esprimono opinioni interamente aliene alle mie», scrive.Ma sono i mesi in America, scrive, il periodo più felice della sua vita, un riposo necessario in cui ritrova la serenità perduta. Frequenta Francis Scott Fitzgerald, Edmund Wilson, William Burroughs ascolta le sue lezioni sugli eccessi sentimentali dei poeti romantici inglesi ammirando il suo umorismo senza condividerne le opinioni. Un giornalista osserva che nel 1933 Eliot prevede già che «Hemingway sarà considerato il Kipling del suo tempo».

Al Vassar College va in scena per la prima volta il suo melodramma comico Sweeney Agonistes, in questo periodo si accentua il suo interesse per il teatro che culminerà due anni dopo con il trionfo del dramma Assassinio nella Cattedrale. Con la moglie non vivrà più, ma continuerà a occuparsi di lei fino alla sua morte. Ricoverata in un istituto nel 1938, Vivienne morirà nel 1947 a 58 anni.

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