Elodie, che bel debutto nel "western" pugliese

Sembra un western, ma girato in Puglia, ai giorni nostri e in bianco e nero. Dove, non a caso, ci sono anche maiali e pecore, metafore di una certa umanità

Elodie, che bel debutto nel "western" pugliese

Sembra un western, ma girato in Puglia, ai giorni nostri e in bianco e nero. Dove, non a caso, ci sono anche maiali e pecore, metafore di una certa umanità. Come i protagonisti del film di Pippo Mezzapesa, che si comportano peggio di talune bestie, con agnelli che si trasformano in lupi e maiali che «mangiano il cuore» di altri uomini. Tratto dall'omonimo libro inchiesta di Carlo Bonini e Giuliano Foschini, questo gangster movie in salsa (e dialetto) pugliese riesce a intrecciarsi con il (melo)dramma romantico, in una sorta di rivisitazione della storia di Giulietta e Romeo, in chiave malavitosa. Non è Shakespeare, sia chiaro, e la sceneggiatura si limita a raccontare, più per sottrazione, la faida tra due famiglie, i Malatesta e i Camporeale.

Siamo nel Gargano, dove da sempre i due nuclei regolano i loro conti con il sangue. Come fa Michele Malatesta, che ha visto morire, nel 1960, tutta la sua famiglia e, pian piano, ha ucciso tutti i Camporeale killer. Ai giorni nostri, grazie anche alla mediazione della famiglia Montanari capeggiata da Michele Placido, c'è una sorta di tregua non scritta, dove, al massimo, ci si sfida, a suon di migliaia di euro, per portare in processione la statua della Madonna. Fino a quando Andrea Malatesta s'incapriccia della moglie di Santo Camporeale, mettendola incinta. Un affronto che può essere lavato solo con il sangue. I legami famigliari non permettono scelte e destini differenti. Non puoi sottrarti al Dna. O sei con noi, o contro di noi. Bianco o nero, come il film. E forse questa eccessiva rigidità degli schemi è il punto debole di Ti mangio il cuore.

Nonostante l'ottimo cast, in cui spicca il debutto convincente di Elodie, la donna contesa, reggere per due ore questo medesimo filo conduttore finisce per privare la storia di sorprese.

In ogni caso, bellissima la fotografia e anche Mezzapesa riesce a raccontare una vicenda brutale, con eleganza funzionale, finendo per coinvolgere lo spettatore nelle vicende della faida.

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