Batte un'ora diversa per Ficarra&Picone, che conoscono una stagione artistica felice, piena di opere e sostanza. È L'ora legale, commedia dell'anno ai Nastri d'argento di Taormina (e ieri premiata ai Cine Ciak d'oro a Riccione) e consolazione del magro box-office italiano e d'una carriera inizialmente in salita per il duo comico palermitano. Vuol dire che era il momento di venir riconosciuti per quello che sono: due autori quarantaseienni bravi e faticoni, in grado di passare dalla tv commerciale al cinema d'autore, passando per Le rane di Aristofane. Con tanto di pienone che l'altro ieri ha creato problemi di capienza al teatro Greco di Siracusa: la gente rimasta in piedi si è arrabbiata e ha interrotto per due volte lo spettacolo. Sotto il cono di luce, però, Salvo&Valentino non gonfiano il petto: restano umili, ma consapevoli d'essere arrivati. A una svolta.
L'ora legale, 11 milioni d'incasso in una stagione morta, vi lancia nel mondo della commedia civile, impegnata. Siete a una svolta?
Salvo: «Più che davanti a una svolta, siamo di fronte a un tentativo di crescita. Vogliamo spostare il pallino più avanti. E' bello che ci attribuiscano premi, ma già nel film Andiamo a quel paese, con i protagonisti sfrattati da casa e, in finale, senza neanche la cinta dei pantaloni, parlavamo dell'Italia delle persone in crisi».
Valentino: «Per noi è una tappa come tante. Fin da Nati stanchi ci abbiamo messo il cuore e la faccia. Dopo 24 anni di carriera, raccogliamo i frutti d'una semina continua. Ma, da sempre, ci aspettiamo o tutto o niente».
Nonostante tale atteggiamento, diciamo umile, fate il pienone con «Le rane» di Aristofane (fino a domenica). Testo impegnativo, regia di Barberio Corsetti. Quale rapporto avete con la tragedia greca?
S.: «Abbiamo fatto un corpo a corpo con il testo, che personalmente non riprendevo da una trentina d'anni, dai tempi dei corsi teatrali giovanili, a Palermo. Grazie alla traduttrice Olimpia Impero, abbiamo capito la chiave moderna d'una tragedia attuale. E' Atene di 2.500 anni fa, ma è anche l'Italia di oggi. Quasi una prosecuzione de L'ora legale».
V.: «Barberio Corsetti ci ha lasciati liberi. E' stata un'esperienza di crescita straordinaria. Il regista ha avuto una capacità d'ascolto, che mi ha permesso di modellare il testo a mia misura. Scoprendo che Aristofane usava in modo feroce la scorreggia e altre cose elementari. Il contatto stretto con la traduttrice mi ha aiutato: prove fino alle due di notte!».
A proposito di maschere: come reagite alla scomparsa di Paolo Villaggio?
S.: «Per me è stato deflagrante sapere che era morto chi mi fece scoprire Franz il tedesco. Ha creato una maschera innovativa. Diceva sempre che un comico entra nel cuore della gente se resta infantile. Ecco, io spero d'essere rimasto bambino, come lui».
V.: «Dopo Arlecchino e Pulcinella, viene Fantozzi. Noi l'abbiamo conosciuto, Paolo. Io ancora non ci credo che sia morto. Sì, quanto a restare bambini, è un'idea saggia».
Preparate un film comico per Medusa. Qualche anticipazione?
S.: «Finora non abbiamo scritto nulla. Dopo le ferie estive, stenderemo la sceneggiatura. Di sicuro sarà un lavoro dove dentro ci saranno Le rane e L'ora legale. Come nelle matrioske, un lavoro dentro l'altro. Per concrezione».
V.: «Non partiamo mai dal tema, ma da una suggestione. Ci siamo detti delle cose intorno al tema dell'amore. E della legalità, anche. Ma i temi, all'improvviso, li cambiamo».
Zelig e Striscia in tv, Baaria con Tornatore, la tragedia antica con Barberio Corsetti: qual è il vostro metodo di lavoro, dati ambiti così diversi?
S.: «Come diceva Karl Kraus, la profondità è in superficie. Partiamo dal presupposto che ci deve capire mia madre Giovanna, che ha il diploma di terza elementare. La semplicità è il punto d'arrivo, non di partenza».
V.: «Se quando leggiamo i copioni ride mia nonna Graziella, quinta elementare, vuol dire che va bene. Siamo incoscienti: usiamo mamme e nonne come cavie. Ma loro non lo sanno».
Anche fisicamente siete molto diversi. Chi dei due è più tollerante?
S.: «Sicuramente io. Valentino sostiene che sia io il più cattivo, ma è vero il contrario. E' lui quello cattivo: Nick faccia d'angelo.
E' un vero delinquente».V.: «Macché! E' vero che sembro tanto carino e gentile, ma in realtà è Salvo a restarci male, quando prendiamo una fregatura. Lui si amareggia. Io, invece, me l' aspetto sempre. Così non ci resto male».
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