Pedro Armocida
A sorprendere è sempre la precisione dell'interpretazione. La misura anche nei ruoli che potrebbero spingere a tirar fuori il gigionismo che c'è in ogni attore. Magari sarà stata anche la lunghissima gavetta ad aiutare Martin Freeman, l'attore britannico che a 46 anni ha già alle spalle una carriera invidiabile, iniziata in tv con la commedia molto british The Office e al cinema con Love Actually, passando per Lo Hobbit, la fantastica trilogia di Peter Jackson, fino ai blockbuster fumettistici come Captain America: Civil War: «Da piccolo - ci aveva raccontato tempo fa durante il festival dei ragazzi di Giffoni - sognavo di far parte di una band e poi di diventare un calciatore ma sarebbe stata una rovina. Ero spesso malato, i miei genitori erano divorziati, poi ho scoperto che riuscivo a far ridere e a 16 anni ho scelto di fare l'attore». Ieri a Roma per incontrare i giornalisti in vista dell'uscita il 19 aprile del sorprendente horror Ghost Stories di Jeremy Dyson e Andy Nyman, l'attore, che nel film tratto dall'omonima pièce teatrale degli stessi registi interpreta il protagonista di uno dei tre casi sconcertanti di attività paranormale, ha ripercorso un po' la sua carriera.
In Ghost Stories è un uomo piuttosto complicato.
«Mike è il gentiluomo per eccellenza eppure la sua vita è vuota e il suo matrimonio è privo di amore. Un momento prima è aggressivo, quello dopo è presuntuoso. La sua caduta nell'oscurità è stata una cosa meravigliosa da interpretare».
Stavolta non ha recitato con dietro lo «schermo verde» grazie al quale vengono poi aggiunti gli effetti speciali.
«Sì è vero, mi stavo quasi abituando a quel nulla intorno, mentre qui gli effetti speciali sono teatrali ma molto realistici e davvero terrificanti, cosa rara oggi al cinema. Però sono anche rischiosi, perché se non funzionano sullo schermo sono dolori. Ma i due registi in questo sono bravissimi, Andy Nyman è pure un ottimo illusionista».
Il film racconta appunto storie di fantasmi. Quel è il suo rapporto con le paure?
«Sono molto aperto all'esistenza del soprannaturale. Da sempre gli esseri umani si raccontano storie di fantasmi. Anche le religioni hanno molti aspetti soprannaturali. Io non ho nulla in contrario al fatto che le persone abbiano bisogno di credere in qualcosa se questo li può aiutare a vivere in maniera migliore e più felice».
Ci aveva abituati a ruoli quasi solo positivi.
«In realtà, ora che la mia carriera si è sviluppata ed è cresciuta, ho più possibilità di scelta. In passato ho interpretato ruoli più comici perché a me la commedia piace ma io ho una formazione da attore completo e mi piace poter cambiare genere».
Dopo Ghost Stories, la vedremo in un altro horror, Cargo, qual è il suo rapporto con questo genere?
«Non ne sono un fanatico. Ma soprattutto il primo film - Cargo invece è australiano - mi ha ricordato un certo tipo di horror britannico che vedevo in tv da ragazzino. Ma è anche un film molto moderno e originale».
Cargo è uno zombie movie e uscirà il 18 maggio su Netflix, cosa ne pensa di questa piattaforma che salta il percorso tradizionale dei film nelle sale?
«Credo nel cinema, lo amo, ma penso anche che le nuove tecnologie siano fantastiche. Quando ho girato il film non sapevo che sarebbe stato acquistato da Netflix, ma mi fa piacere che possa essere visto da molti spettatori».
Cosa le è rimasto delle riprese di Lo Hobbit?
«È un'esperienza che mi ha lasciato un segno importante. Un po' come il paese dove l'abbiamo girato, la Nuova Zelanda».
Il suo ultimo film è Black Panther che ha superato il miliardo di dollari al botteghino ed è entrato tra i dieci maggiori incassi della storia del cinema.
«Per la verità quando lo stavamo girando non prevedevamo il livello di successo raggiunto ma certo capivamo che stavamo realizzando qualcosa di particolare e non solo perché la maggior parte degli attori era di colore. Il mio personaggio era già stato anticipato in Captain America ma forse ora era il momento più giusto da un punto di vista sociale e politico per questo successo».
C'è un
ruolo che ancora le piacerebbe interpretare?«La mia pièce preferita è Macbeth. Ma mi piace essere chiamato per ruoli a cui non avevo mai pensato. Per esempio è successo con Riccardo III, il regista mi ha colto di sorpresa».
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