Il film del weekend: "Arrival"

Un thriller fantascientifico che rivisita i canoni di genere in maniera sofisticata e che, forte di suggestioni filosofiche e trascendentali, è in grado di affascinare intelletto e spirito

Il film del weekend: "Arrival"

"Arrival", il nuovo film di Denis Villenueve ("Prisoners", "Sicario" e, in uscita il prossimo autunno, il sequel di "Blade Runner"), è un esempio di fantascienza intelligente e coinvolgente. Lungi dal ricordare certi blockbuster sci-fi fracassoni d'ultima generazione che sembrano rivolgersi a un pubblico infantilizzato, "Arrival" è un'opera dalla spettacolarità minimalista e che va a vivificare intelletto, emotività e, negli spettatori più predisposti, anche sostanza spirituale.

Muovendo dal tema classico dell'invasione aliena, la pellicola rispetta, sulle prime, molti stilemi di genere per poi giungere a rivisitarli e focalizzare l'attenzione sulla valenza filosofica di concetti come Tempo e Linguaggio (guarda la video recensione).

In punti diversi del pianeta arrivano dodici astronavi di forma ovoidale, alte centinaia di metri, che si posizionano a poca distanza dal suolo. La loro provenienza è ignota così come le loro intenzioni. Per tentare di comunicare con la civiltà aliena viene arruolata una linguista di fama mondiale, la dottoressa Louise Banks (Amy Adams), assieme ad un fisico teorico, Ian Donnelly (Jeremy Renner). Intanto tra la popolazione va scatenandosi il panico e i governi delle nazioni più potenti hanno difficoltà a decidere il da farsi.

"Arrival" è tratto da un racconto pluripremiato di Ted Chiang, "The Story of Your Life", e, durante la visione, si fanno spazio nella memoria “2001: Odissea nello spazio” di Kubrick (1968), “Incontri ravvicinati del terzo tipo” di Spielberg (1977) ed “Interstellar” di Nolan (2014), mentre le atmosfere, poetiche e rarefatte, ricordano il Malick di "The Tree of Life" (2011). Nonostante i tanti riferimenti cinematografici ravvisabili, il film di Villeneuve rappresenta comunque un immaginario fantascientifico nuovo ed è caratterizzato da un'ambizione illuminata e da uno slancio intellettuale che sembra quasi divenire, sul finale, anelito spirituale.

Il film si interroga sulla nostra maniera di comunicare, esplora la paura del diverso ed indica nel dialogo e nella condivisione le condizioni necessarie non solo per una convivenza pacifica e collaborativa, ma per la nostra stessa sopravvivenza.

La logica narrativa lascia in alcuni momenti a desiderare: non è impresa facile coniugare intrattenimento e suggestioni semantiche dotate di bellezza e profondità. "Arrival" può essere recepito e goduto come un film di fantascienza con cenni filosofici ma anche essere visto come una rete di simboli da decriptare prendendo proprio spunto da quella devozione alla ricerca della conoscenza che si respira nella protagonista. Allora la grafia aliena ricorderà l'Uroboro, ossia l'archetipo della circolarità del tempo, un serpente proprio come quello dell'albero della conoscenza del bene e del male, la cui verticalità sembra invece riassunta nella forma delle astronavi. Il cerchio di comprensione parrebbe chiudersi, a questo punto, con la presenza di una Eva (Louise) munita del cartello "human" cui sarà, in sostanza, fatto il dono del libero arbitrio di compiere scelte che sa già le porteranno dolore.

"Arrival" non punta mai allo spazio interstellare, ma a quello interiore, ancorché universale.

Mediante riferimenti al labirinto dello spazio-tempo e al mistero della vita e della morte, cerca di proiettare verso un nuovo livello di autocoscienza che contempli come la corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo valga anche sul piano temporale e ogni istante contenga l'eternità, come non esista inizio, né fine e al centro di tutto sia l'amore.

Contenuti trascendentali, senza dubbio, ma è il film stesso a fare riferimento all'Ipotesi di Sapir-Whorf, secondo la quale la lingua che si parla influenzerebbe direttamente il modo di pensare e lo sviluppo cognitivo, perciò, per estensione arbitraria e giocosa, auguriamoci che anche il cinema che si guarda, nei casi come questo in cui usi un "linguaggio diverso", serva a donarci, se non una arricchita concezione della realtà e della vita, almeno prospettive inedite di pensiero.

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