Il film del weekend: "Bridget Jones's Baby"

Il ritorno di Bridget è uno spasso: una commedia in cui il romanticismo in salsa british è inondato di comicità prorompente

Il film del weekend: "Bridget Jones's Baby"

A distanza di tre lustri dal primo celebre film e a dodici anni dal pasticciato e dimenticabile sequel, ecco tornare al cinema Bridget Jones.
"Bridget Jones's Baby", questo il terzo titolo, attualmente nelle sale, è una commedia concepita abilmente, dalla trama semplice e prevedibile ma costellata di siparietti esilaranti, in grado di conquistare anche chi solitamente è prevenuto nei confronti di questo genere di prodotti cinematografici.

Il film si apre con un déjà vu: Bridget (Renée Zellweger) festeggia l'ennesimo compleanno in solitaria, stavolta il numero quarantatré. E' ancora single ma ha molti amici, un lavoro gratificante e ha finalmente risolto i suoi problemi di peso. Trascinata dalle nuove amiche trentenni a un festival musicale, si concede un'avventura con un affascinante americano, Jack (Patrick Dempsey). Dopo pochi giorni, a un battesimo, incontra anche il suo vecchio amore, Mark Darcy (Colin Firth) e passa la notte con lui. L'esito di questa settimana di follie è una gravidanza inattesa e due possibili padri che rivaleggeranno tra loro ma, da gentiluomini quali sono, all'occorrenza, sapranno anche dimostrarsi complici.

"Bridget Jones's Baby" cerca di catturare lo spirito del tempo presente attraverso cenni a hipster, milf, rivoluzione tecnologica, adozioni gay e altri argomenti di stretta attualità. Il mondo è cambiato in questi anni eppure Bridget è sempre la stessa ed è in questa familiarità e fedeltà di tono dopo così lunga pausa che risiede la carta vincente del film. Le battute sferzanti, le autocitazioni e i dialoghi scoppiettanti rendono la pellicola leggera, senz'altro, ma la gamma di emozioni in scena è molto ampia e servita da un cast di Premi Oscar (Zelwegger, Firth e una strepitosa Emma Tompson, nei panni di sagace ginecologa).

Al centro della scena, più che il sentimento tra una donna e un uomo, stavolta c'è quello tra una madre e il suo bambino, ancorché nascituro. Bridget, d'altronde, è ora abbastanza matura da capire che, per lei, sia quello l'amore con l'A maiuscola. Le caratteristiche-chiave della protagonista sono immutate, è ancora una goffa e frustrata sognatrice ma ha imparato a non cedere agli impulsi autodistruttivi, a farsi coraggio e a credere maggiormente in se stessa.

L'empatia provata nei confronti di Bridget Jones interessa un pubblico trasversale ed è più viva che mai: non riguarda solo le tante appartenenti al genere femminile che si identificano in lei ma i moltissimi esseri umani che vorrebbero venire non solo accettati ma addirittura trovati adorabili in virtù dei propri difetti, come capita a lei.

Non è necessario ritrovarsi nel suo stile volgarotto, nel talento per le figuracce epocali o nel suo essere deliziosamente imbarazzante, perché è l'essere ingolfato da una miriade di lacune e complicazioni a far sentire il personaggio vicino alla quasi totalità degli spettatori. Il fatto, infine, che qualcuno di così ostinatamente e normalmente imperfetto arrivi a vivere i propri sogni è un'ondata di positività.

Insomma, un film gioioso, innocuo e gradevolissimo.

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