Il film del weekend: “Il cavaliere oscuro – Il ritorno”

Terzo capitolo della trilogia dedicata a Batman da Christopher Nolan; un finale memorabile, epico e tormentato

Il film del weekend: “Il cavaliere oscuro – Il ritorno”

Sono trascorsi otto anni (dagli avvenimenti del secondo episodio) e Batman è considerato oramai un
delinquente che ha fatto perdere le sue tracce. Bruce Wayne si è rinchiuso nel suo castello e si trascina
zoppo nel corpo e nello spirito. Solo l’arrivo di una nuova terribile e apocalittica minaccia, il terrorista Bane, lo spronerà a risorgere e rimettersi in gioco per difendere Gotham City.

Centosessantacinque minuti; tanto impiega il regista, Christopher Nolan, ad affrancarsi dal suo Batman. Lo spettatore che cerca disimpegno e azione li troverà ma questo è anche un film serio e, a modo suo, impegnato su temi tutt’atro che facili: si filosofeggia su ribellione sociale, sul potere dell’alta finanza e sul pericolo del populismo di sfociare in cieca violenza. Ambizioso e monumentale, non è un film che lascia indifferenti. Vuole attaccarti dentro un sottile turbamento e ci riesce.
Siamo in pieno crepuscolo, Batman è un uomo provato, deluso e arreso che cerca di indossare la maschera un’ultima volta, chiedendo a se stesso di sfidare i propri limiti e di ritrovare una motivazione a tornare nel mondo.

Quello del terzo episodio più che un supereroe sembra un sopravvissuto; ma la cosa non guasta perché accentuare la sofferta umanità di Batman non fa che amplificarne la simbologia ed il mito.
Christian Bale, l’attore protagonista, si riprende la scena in maniera superba dopo aver arrancato nel
secondo capitolo della trilogia di fronte al fascino inarrivabile del Joker di Hugh Ledger. Il cast di comprimari è quello storico, oramai una famiglia: Michael Caine (Alfred), Morgan Freeman (Lucius Fox) e Gary Oldman (Gordon). Tra le new entry, il personaggio di Selina Keyne, ovvero la catwoman interpretata da Anne Hathaway, non ha il fascino maliardo di Michelle Pfeiffer nella versione firmata vent’anni fa da Tim Burton, ma è fresca e deliziosa, piena di contraddizioni tipicamente femminili, ora invincibile e spavalda, ora tenera e fragile. Buona anche la prova di Joseph Gordon-Levitt nei panni del poliziotto Blake, nei cui occhi sono mescolate tristezza e speranza, le due forze contrastanti che animano gli abitanti di Gotham.

Sembra incredibile ma l’unica delusione è proprio il premio oscar Marion Cotillard che dà il volto a Miranda, ricca imprenditrice ecologista; poco credibile tutto il tempo, finisce col diventare addirittura goffa nella scena finale. Bane (Tom Hardy), il villain, mortificato dal doppiaggio italiano in cui la sua sembra sempre una voce fuoricampo, vuol punire la città per la decadenza politica e morale cui l’hanno condotta gli esponenti della sua classe economica. Facile capire che a livello internazionale ci sia stata una corsa ad attribuire un orientamento politico al film. Batman e Bane però più che rappresentare diverse ideologie, hanno due modi di affrontare la sofferenza. Ancora una volta è la natura umana ad essere indagata; leggervi propaganda elettorale è fare appunto propaganda elettorale, nient’altro.



In definitiva siamo di fronte ad un film che emoziona a un livello profondo perché interroga il nostro
subconscio su questioni ataviche, sociologiche ed esistenziali. Ecco perché gli si perdonano facilmente
le sbavature, le ingenuità, alcuni buchi nella sceneggiatura ed il fastidioso fatto che in questo capitolo
l'identità dell'eroe sembri conosciuta da troppe persone.

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