"Get Out - Scappa", il thriller-horror che ha conquistato pubblico e critica americani, è arrivato in Italia. Costato 4,5 milioni di dollari, ne ha incassati già 214 nel mondo ed è stato prodotto dalla Blumhouse di Jason Blum seguendo la ricetta che ha reso quest'ultimo il re Mida dei produttori hollywoodiani degli ultimi anni: budget ridotto, poche location e la ricerca di atmosfere tese e claustrofobiche. La peculiarità dell'opera, debutto alla regia dell'attore comico afroamericano Jordan Peele, è raccontare i rapporti interraziali nell'America d'oggi dal punto di vista dei neri ponendoli a confronto non con i bianchi sostenitori di Trump, bensì con la "white people" progressista che "avrebbe votato Obama per la terza volta se avesse potuto".
Chris (Daniel Kaluuya) e Rose (Allison Williams) sono fidanzati da alcuni mesi quando decidono di trascorrere un weekend nella casa di campagna dei genitori di lei. Chris è preoccupato all'idea di conoscere i potenziali suoceri perché non sono stati informati del fatto che è di colore, ma la ragazza lo rassicura. In effetti, l'accoglienza è da subito cordiale e molto premurosa. Con l'arrivo di altri ospiti, però, l'atmosfera diventa sempre più strana e le attenzioni nei confronti di Chris un po' morbose. Il giovane, dapprima semplicemente imbarazzato, si scoprirà impaurito.
"Get Out - Scappa" deve gran parte del suo fascino a una scelta insolita e intelligente: si occupa della questione razziale non mostrando le consuete discriminazioni, ma concentrandosi sull'ipocrisia nascosta nel politicamente corretto. Il film smaschera il modo in cui molti esponenti liberal si vantano di rifiutare i pregiudizi sui neri per poi in realtà farli propri sotto forma di stereotipi xenofili. L'anti-razzismo di questi individui eruditi e cosmopoliti ha in sé qualcosa di contraddittorio e spaventoso: il feticismo che nutrono per il corpo di colore e il fatto che lo identifichino con determinate caratteristiche (il vigore sessuale e la prestanza fisica ad esempio), non fanno che ridurlo a una nuova forma di schiavitù.
Se l'incipit del film echeggia "Indovina chi viene a cena?", la situazione conviviale in cui viene a trovarsi il protagonista ricalca in inquietudine quella di "Rosemary's Baby".
La narrazione è asciutta e la suspense autentica, intervallata ogni tanto da momenti marginali di comicità surreale. La parte finale, quella apertamente horror e che ricorda "La notte dei morti viventi" (1968) di Romero, è la meno convincente.
Di sicuro, al netto di un po' di scene truculente che
non tutti potranno gradire, siamo di fronte ad un film d'intrattenimento davvero notevole in termini di originalità: in equilibrio tra thriller, horror e commedia, ma soprattutto dotato di una critica sociale mai banale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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