Il film del weekend: "King Arthur - Il potere della spada"

La leggenda di re Artù è rivisitata da Guy Ritchie in un fantasy storico di stampo videoludico. Un'avventura epica e coinvolgente ma anche scanzonata

Il film del weekend: "King Arthur - Il potere della spada"

Dopo aver attualizzato il mito letterario di Sherlock Holmes dedicandogli due regie di successo, Guy Ritchie gioca al rilancio dando alle sale "King Arthur - Il potere della spada", la sua personale rilettura della leggenda di Re Artù.

Costato oltre 100 milioni di dollari, il film è il primo capitolo di quello che dovrebbe essere un maxi progetto di sei titoli.

Il regista inglese reinventa il materiale classico di base, pur rispettandolo, e allestisce uno spettacolo in cui fantasy, avventura e dramma epico convivono con humor e una valanga di effetti speciali digitali.

Artù (Charlie Hunnam) cresce orfano nella periferia di Londinium (la Londra d'epoca romana), accudito da un gruppo di prostitute e ignaro del proprio lignaggio. Un giorno è chiamato a tentare di estrarre la spada nella roccia, come tutti i ragazzi dell'età giusta a sottoporsi alla prova. Ci riesce, diventando re di diritto e scoprendo le proprie origini. Naturalmente il tiranno Vortigern (Jude Law), l'uomo che ha ucciso i suoi genitori e usurpato il trono del padre, farà di tutto per ucciderlo.

Col suo solito stile adrenalinico, Guy Ritchie imbastisce un action rocambolesco dalla regia dinamica e sopra le righe, dotandolo di dialoghi brillanti e di una colonna sonora splendida quanto ingombrante.

L'universo narrativo di partenza è noto ai più e ne sono state date innumerevoli interpretazioni fin dalle sue origini, attorno al XII° secolo, ma questa è una variante che potremmo definire quasi "supereroistica". Gli elementi tematici essenziali del ciclo arturiano sono intatti ma la vicenda è insaporita con l'inserimento di dettagli accattivanti per il pubblico odierno (ad esempio certi tagli di capelli o abiti attuali) e con l'uso della commistione di generi (si passa dall'azione al dramma e alla commedia con grande fluidità).

L'Artù di Charlie Hunnam è amabile per la sua atipicità rispetto a tutte le precedenti versioni: la dicotomia tra la nobiltà di nascita e i modi un po' cialtroni di questo ladruncolo cresciuto in un bordello e dedito a traffici illegali è uno spasso. Rimane un arrogante guascone anche una volta riacquistato il blasone e impugnata Excalibur, ma la modernità del personaggio sta proprio nel suo indossare con sfrontatezza la propria imperfezione. Il villain ha invece lo sguardo profondo e sofferente di un Jude Law perfettamente in parte: colpevole di delitti osceni ma anche vittima evidente di se stesso, condannato all'eterna schiavitù dell'ego.

"King Arthur - Il potere della spada" regala intrattenimento puro, di quello che nasce da toni volutamente esagerati e soddisfazione visiva, ma sa anche tenere deste l'attenzione e l'intelligenza dello spettatore attraverso continue piccole sfide, come quella di destreggiarsi tra i diversi piani del racconto.

Degno di nota il montaggio sincopato che, nonostante sia usuale nelle opere di Guy Ritchie, in un paio di sequenze riesce ancora davvero a sorprendere.

La padronanza tecnica, cui si deve anche la realizzazione

di un mostro acquatico splendido, viene meno, però, nel gran finale, momento del film letteralmente ostaggio di una computer grafica non all'altezza e in cui ci si sente come catapultati in un video-game un po' dozzinale.

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