Il film del weekend: "La vendetta di un uomo tranquillo"

Un thriller-noir asciutto, realistico e violento, che procede a ritmo serrato e conquista per l'asprezza viscerale, l'estetica d'autore e i colpi di scena

Il film del weekend: "La vendetta di un uomo tranquillo"

Esce nelle nostre sale quello che in Spagna è stato il film dell'anno, il thriller-noir "La vendetta di un uomo tranquillo". La pellicola, che segna l'esordio alla regia di Raúl Arévalo (attore trentaseienne molto noto nella penisola iberica) e che ha vinto quattro premi Goya tra cui quello per il Miglior Film, sorprende per solidità, forza espressiva e autorevolezza artistica, caratteristiche rare in un'opera prima.
Madrid, agosto 2007. Curro (Luis Callejo) è l'unico di una banda di quattro criminali a venir arrestato al termine di una rapina in una gioielleria. Otto anni più tardi, la sua fidanzata Ana (Ruth Díaz) e il loro figlio sono in attesa che lui esca di prigione. La donna, però, ha appena conosciuto Josè (Antonio de la Torre), un uomo ricco e solo che ha iniziato a frequentare il bar del fratello di lei, situato in un quartiere povero.
Purtroppo il titolo italiano del film costituisce un piccolo spoiler, cosa che era invece evitata in quello originario, "Tarde para la ira", traducibile in "Tardi per la rabbia", più vago circa le intenzioni del protagonista.
La regia è rigorosa, l'estetica autoriale e la sceneggiatura ben strutturata, divisa in capitoli. I canoni del genere thriller sono tutti rispettati ma inseriti in una territorialità molto marcata, quella madrilena. All'inizio, nel racconto della vicenda, c'è molta parsimonia nel fornire indizi circa i personaggi e il loro passato, proprio perché è nello sforzo di capire quale possa essere il legame segreto tra di loro che viene tenuta desta l'attenzione dello spettatore. La storia si presenta asciutta ma, da subito, molto coinvolgente: l'incipit drammatico lascia presto il posto ad un noir in cui si muovono sentimenti primordiali.
In tutta la prima parte, la misura convive con l'impeto, si avverte cioè la presenza di una verità taciuta quanto potente, che non ha ancora esaurito il suo potenziale di devastazione.
La cinepresa è incollata ai volti. José, il protagonista, è un uomo perbene, all'apparenza solitario e riservato, in realtà prigioniero di un rancore soffocante. La tragedia che alberga da troppo tempo in lui e che ne ha nutrito in maniera silenziosa un'insospettabile aggressività, si dischiude in maniera progressiva alla comprensione del pubblico. La ferocia, dapprima invisibile, dilaga con un impatto travolgente e spiazzante ma anche con calcolata precisione.


A un certo punto, dal paesaggio urbano della periferia di Madrid ci si sposta in quello rurale della provincia di Segovia: ha inizio un road-movie in cui le dinamiche si fanno somiglianti a quelle di un western.
Un'opera credibile, cruda e pulsante, sorprendente fino all'ultima scena. (Guarda qui la videorecensione)

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