Fiorello si commuove per la figlia "chiusa in casa"

Lo showman in conferenza stampa: "I ragazzi hanno perso l'abitudine a uscire. Che dispiacere". E piange

Fiorello si commuove per la figlia "chiusa in casa"

È il Fiorello che abbandona la conferenza stampa con gli occhi lucidi lasciati liberi dalla mascherina l'immagine simbolo di questo Sanremo. Gli spettatori da casa l'hanno visto saltare sfolgorante sul palco, correre tra le poltroncine vuote, duettare, ballare, intonare Grazie dei Fior in versione punk, caricare a mille lo show per levare il velo di tristezza sul Festival. Ma è bastata una domanda, la più bella fatta finora dai cronisti, per scaricare quella molla, per scioglierlo come una panna montata. È bastato pronunciare un nome: Angelica, la figlia quattordicenne. «Tu sei qui a presentare Sanremo, ma come padre come vivi questa pandemia?» «Io soffro per mia figlia - risponde con la voce rotta dalla commozione - Per me vederla chiusa in casa non è un dolore, è molto di più. Si sta perdendo i momenti belli dell'adolescenza. Quando la guardo, vedo in lei tutti i ragazzi costretti davanti a uno schermo, vedo in lei la sofferenza di tanti genitori. Mia figlia non è più abituata a uscire, non sa più come si fa. Per me il momento più bello di quanto andavo a scuola erano i 15 minuti di ricreazione, era andare al cinema al pomeriggio con gli amici, era aspettare la più bella della terza C per vederla quando usciva dalla classe. A questi ragazzi tutto questo è negato». Un groppo in gola, salgono le lacrime, Fiore non riesce più a stare seduto e se ne va di corsa.

Ecco, forse, gli italiani in questo momento si identificano più con il Fiorello padre che con il Fiorello giullare. Costretti sul divano, genitori insieme ai figli e magari anche i nonni, ad ascoltare canzoni, magari senza neanche tanta voglia, ma non c'è altro da fare. E chissenefrega se il primo canale ha recuperato attenzione tra i giovani: come vorremmo che quei dati di ascolto tra gli under 24 non fossero così alti, ma che i nostri ragazzi potessero uscire a prendere un po' d'aria dopo cena, a chiacchierare con gli amici, a baciarsi con i fidanzatini o le fidanzatine al parchetto.

La tristezza di Fiore è la stessa che si respira tra i carruggi della cittadina di Sanremo. Dopo due giornate incoraggianti, trasferiti per un lampo in zona gialla, pure con il sole a invogliare i pochi turisti e lavoratori del Festival a mangiare all'aperto, si chiude di nuovo, si torna in zona arancione. Gestori di ristoranti e bar incavolati neri, invitati a riaprire per il Festival con tutti gli investimenti economici necessari e costretti, causa aumento degli indici, a serrare le saracinesche subito. «Due cambi di colore in soli quattro giorni è una cosa davvero difficile da capire. Per i ristoratori è un'agonia», commenta il sindaco Alberto Biancheri. C'è chi ha addirittura minacciato di inscenare proteste e bloccare l'ingresso degli artisti all'Ariston. E, alla fine, la protesta c'è stata: ieri sera bar e ristoranti sono rimasti aperti in tutta Sanremo, nonostante i divieti. E in un locale dei carruggi rimasto aperto è anche arrivata la polizia. «La rabbia è tanta - spiega il presidente della Confcommercio locale Andrea Di Baldassarre - Non si può giocare così sulla pelle delle persone. Non mi meraviglierei se qualcuno tentasse qualche azione eclatante nelle prossime ore. Oggi abbiamo un incontro con il sindaco. Siamo pieni di debiti e ci devono dare risposte». Del resto questa è la settimana in cui si fa cassa e gli esiti disastrosi si riverseranno sui sanremesi per molto tempo.

Per non farsi mancare nulla in quello che appare sempre più un teatro dell'assurdo, si fa notare anche che le mascherine date in dotazione ai giornalisti in sala stampa non sarebbero sicure. Sono quelle che riportano il marchio CE2163, sui cui si è creato un caso, relativo alle certificazioni, ancora poco chiaro.

Insomma, rabbia e tristezza. Ma lo show deve andare avanti. E Fiorello deve tornare a fare il giullare. Per tener su almeno gli ascolti televisivi: traballano pure quelli.

«Ciuri», come lo chiama Ama, sta reggendo sulle spalle un Festival. È lui la carta vincente, l'allenatore, il caporalmaggiore, il goleador che deve portare la squadra alla finale, dunque lacrime ricacciate in gola e via di nuovo a saltellare sul palco.

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