Il genio che creò i microchip in lotta per l'universo umano

Federico Faggin: "Ho visto la nostra coscienza, è il Tutto in cui viviamo. Il computer non ci batterà"

Il genio che creò i microchip in lotta per l'universo umano

Il Creatore esiste. E non crede alle religioni, se non quella dell'Uomo: «Le religioni portano solo alle guerre, la scienza porta alla verità». Il Creatore ha dato vita ai computer, così come li conosciamo oggi. Portatili, tascabili addirittura, e tutto perché un giorno riuscì a mettere tutti i puntini collegati tra loro su una piccola scheda e il microprocessore fu: 51 anni fa. Il suo Intel 4004 è il padre del nuovo mondo. Eppure.

Parla davanti a una platea di adolescenti, e con sguardo sereno pronuncia parole quasi profetiche: «Voi siete il futuro, che io non vedrò. Ma ricordatevi sempre: chi dice che la macchina diventerà più intelligente dell'uomo, dice una cosa stupida. Non arrendetevi mai a questo».

Federico Faggin è l'italiano che tutti hanno in tasca, nei loro smartphone. Adesso ha 80 anni, e al liceo Taramelli-Foscolo di Pavia (non a caso lo scientifico-classico che è al terzo posto nella Top ten dei licei in Italia), racconta di aver vissuto quattro vite: «La prima è quando mio padre, professore di filosofia, traduttore delle Enneadi di Plotino, inorridiva davanti a un figlio che voleva capire come volavano gli aerei. Che voleva inventare qualcosa». Così ecco l'istituto tecnico invece del liceo, a 19 anni la Olivetti, e poi la laurea in fisica che lo porta a cominciare a lavorare in una società che rappresentava in Italia la Fairchild, l'antenata della Intel: «Mi hanno mandato nella Silicon Valley per un corso di aggiornamento e non sono più tornato». Dunque l'Intel, appunto, e il 4004. La soluzione che nessuno trovava. Qualche microchip dopo, la seconda vita.

Faggin apre la sua società, più di una in realtà. Incontra Steve Jobs quando il fondatore di Apple scopre che qualcuno ha inventato gli schermi touch. Voleva l'esclusiva, il Creatore diventa famoso per essere uno dei pochi ad avergli detto di no: «Era un visionario, un genio, ha saputo cambiare la nostra vita. Ma dal punto di vista umano ho delle riserve, come tanti in fondo». Quando Apple i touchscreen se li farà da soli, il resto del business correrà a chiederli proprio a quell'italiano straordinario. Ed ecco la terza vita.

«Ero ricco, famoso, con una bella famiglia. Ero in crisi, però: mi mancava qualcosa, lo sentivo. Volevo capire se fosse possibile costruire un computer cosciente, ma cominciavo a capire che non fosse realizzabile. In fondo i pc di oggi lavorano come quelli degli Anni '60, sono solo più potenti. Avevo ormai l'idea che le macchine non potessero essere niente senza di noi, e che l'Uomo avesse qualcosa in più che però non sa spiegare. Ecco: la coscienza, appunto. Quella che ci guida nelle nostre decisioni, nelle nostre sensazioni: ma come si trasforma in tutto questo un impulso elettrico del cervello? L'universo, una notte, mi ha dato la risposta». È la metafisica della tecnologia, la quarta vita.

A questo punto ci vuole l'asterisco. Tutto quello che leggerete da qui in poi sembrerà incredibile. Eppure, come dice nel Paese delle Meraviglie il Cappellaio Matto ad Alice, «pensare cose impossibili è un ottimo modo di fare esercizio». E allora: «In questa mia crisi di mezza età, una sera non riesco a prendere sonno. È mezzanotte, mi alzo per bere un bicchiere d'acqua, torno a letto e succede Un fascio di luce bianca parte da mio cuore e si espande e io mi ritrovo come se fossi spettatore di me stesso: in quell'energia vedo tutto l'universo, di cui io sono una parte e l'insieme. Dura un minuto, forse, ma il tempo non ha importanza. Quando finisce ho capito: la coscienza è il Tutto, la realtà e la nostra vita sono quello che ha creato». È il come siamo qui, insomma, Faggin lo spiega in modo semplice in modo che giovani possano capire: «In pratica noi siamo gli avatar della nostra coscienza». Sul perché, invece, c'è ancora da lavorare.

È per questo dunque che esiste la sua Fondazione, aperta con la moglie Elvia nel 2011. Dopo aver ricevuto la Medaglia Nazionale per la Tecnologia e l'innovazione dal presidente Obama («ho il passaporto americano, ma si sorprendevano che un italiano fosse lì») e per si legge sul sito sostenere «vari programmi presso le università e gli istituti per far progredire la comprensione della coscienza attraverso la ricerca teorica e sperimentale». Qui lo scienziato rimette i suoi panni, e racconta perché la fisica quantistica sia la soluzione del Grande Mistero: «Quella classica può rappresentare solo la realtà, è l'interruttore acceso/spento che governa le macchine. La fisica quantistica rappresenta un impulso dentro un atomo, non si preoccupa di spazio e tempo, ma calcola la probabilità. È qualcosa di più grande, rappresenta noi, quello che siamo e che sentiamo dentro. Non è un caso che la nostra coscienza produca sensazioni che non sappiamo spiegare. Quando diciamo ti voglio bene esprimiamo un concetto che è solo una semplificazione di uno stato molto più grande e unico. Unici, ecco quello che siamo, all'interno di un Uno. E siamo immortali, solo il nostro corpo non lo è. Non arrendiamoci all'idea che le macchine ci soppianteranno: per fare una semplice operazione il nostro cervello consuma 20 Watt di energia, un computer per fare la stessa cosa ne dovrebbe usare 20mila. Ecco: la combinazione tra fisica quantistica e classica ci darà la soluzione, un giorno».

È tutto scritto in un libro in cui ha raccontato la sua vita (Silicio, Mondadori editore), ma sentirglielo raccontare crea un atmosfera quasi mistica. Siamo in fondo in un vecchio monastero diventato scuola, e gli studenti di oggi non credono più a una realtà definita da spazi limitati. «L'assoluto silenzio dei ragazzi è la prova che il suo concetto che il percorso testa-pancia-cuore sia quello giusto, che la coscienza fa la differenza» dice soddisfatta la dirigente Silvana Fossati, mentre Faggin risponde a domande di chi, forse, la soluzione un giorno potrebbe trovarla: «La nostra vita è una scuola, noi siamo qui per imparare. Se uno volesse imparare come atterrare sulla Luna dovrebbe utilizzare un simulatore. L'unico modo di farlo per noi è creare una realtà come questa, nella quale non sappiamo chi siamo. Dobbiamo venire qui, fare un po' di casino, e tornare da dove siamo venuti. Con la conoscenza». Sarà la fine di tutto, perché il Tutto - in fondo - non è poi un concetto così difficile: «Avete presente il Conosci te stesso di Socrate? Ecco: quell'energia di cui parlo è amore, quello che succede nella nostra realtà anche ai giorni nostri non è altro che un modo di mettere alla prova la coscienza verso quell'energia. L'infinito non esiste, va oltre.

Noi stiamo conoscendo noi stessi perché il Tutto vuole conoscere se stesso. A noi resta solo da spiegare come».

Per questo una macchina non ci riuscirà, dice lui. E qualunque cosa si pensi dopo aver letto questo articolo, è in fondo una buona notizia.

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