Non c'era malore che potesse fermare la sua bacchetta. Nel 2012 (a 84 anni) interruppe un concerto a Firenze per un calo di zuccheri, ma dopo mezz'oretta risalì sul palco per concluderlo trionfalmente come sempre.
Poi, pochi mesi dopo, partì per una tournée nelle grandi Arene per festeggiare i dieci anni della sua «nuova vita artistica», quella iniziata il 28 settembre 2002 quando, proprio all'Arena di Verona, tenne un concerto nel luogo più grande dove avesse mai diretto la propria musica. C'è voluto un banale infortunio - un femore rotto - per stroncare a 91 anni il maestro Ennio Morricone, per fermare quel flusso continuo di musica che passa attraverso più di 500 colonne sonore e opere varie di musica colta, o assoluta, come amava chiamarla. Aveva scritto da sé il suo necrologio, dedicandolo all'amata moglie Maria, compagna di 70 anni di vita e scrivendo: «Sono morto...C'è una sola ragione che mi spinge a salutare tutti così...Non voglio disturbare».
Più invecchiava più teneva concerti per un pubblico più vasto; più scriveva più artisti lontanissimi da lui - come i Metallica, Jack White, i Ramones, Springsteen - gli dedicavano dischi-tributo o riprendevano in concerto alcune delle sue arie più note (il Boss spesso introduceva Badlands con il tema di C'era una volta il West eseguito dal suo pianista Roy Bittan). Ma lui si schermiva e diceva: «Sono un compositore, non una star, in fondo sono un semplice attore». Nato a Roma e formatosi al Conservatorio di Santa Cecilia (diploma in composizione con Goffredo Petrassi, in tromba e in strumentazione per banda) si trova presto alla Rca ad arrangiare i brani più famosi dell'epoca, da quelli di Gino Paoli a quelli di Caterina Caselli, e a scrivere fortunate canzoni come Se telefonando di Mina. Nel 1958 fu assunto alla Rai come assistente musicale, ma si licenziò il giorno stesso, non appena scoprì che era proibito trasmettere «musiche composte da impiegati dell'ente radiotelevisivo pubblico». Come raccontava spesso, con una punta di presunzione, arrivò al cinema per caso: «Non mi propongo mai, sono sempre stati gli altri a cercarmi». Il primo a portargli fortuna fu, nel 1961, Luciano Salce che lo convocò per le musiche de Il federale e da allora non s'è più fermato.
Da bambino, in terza elementare, fu compagno di classe di Sergio Leone. Fu un segno del destino? Il maestro negava ma il dubbio rimane. Comunque Morricone raccontava: «Non c'entra nulla col fatto che in seguito mi chiese di comporre per lui». Comunque sia andata il loro primo lavoro in tandem, correva l'anno 1964, fu Per un pugno di dollari e, con quel mitico fischio di Alessandro Alessandroni, divenne una delle melodie più note in tutto il pianeta. Seguirono classici degli spaghetti-western come Per qualche dollaro in più, Il buono il brutto il cattivo, C'era una volta il West (il cui disco vendette milioni di copie in tutto il mondo) fino ad arrivare al violento e commovente gangster movie C'era una volta in America. Il maestro ha seminato la sua arte un po' dappertutto... Prima che Dario Argento facesse sottolineare le scene raccapriccianti dei suoi film dal rock progressivo dei Goblins, Morricone musicava pellicole come Quattro mosche di velluto grigio e L'uccello dalle piume di cristallo, per scrivere poi decine di b movie dimenticati che spaziano da Gli occhi freddi della paura di Enzo G. Castellani a Il diavolo nel cervello di Sergio Sollima, passando poi per il maestro della paura John Carpenter e lavorando con tutti i grandi registi italiani come Bertolucci e persino Carlo Verdone. Il maestro ha custodito per tutta la vita il segreto per mantenersi perfettamente in equilibrio tra musica da film e musica assoluta. «La musica da film e quella assoluta sono due espressioni artistiche che spesso si avvicinano senza mai sovrapporsi. Per fare musica da film devi calarti nell'opera di un altro, sei condizionato dalle immagini e dalla visione del regista, mentre comporre musica assoluta permette di essere completamente libero». La prima nomination all'Oscar gli arriva nel 1979, per I giorni del cielo, seguita da altre quattro per Mission, Gli intoccabili, Bugsy, Malèna. Tutti premiati plurime volte - dai Grammy al Golden Globe -. Ma solo nel 2007 fu doverosamente premiato con l'Oscar alla carriera, consegnatogli emblematicamente da Clint Eastwood. Raccontò così il suo stato d'animo dicendo semplicemente: «Ho pensato che la mia musica si faceva sempre più largo nel cervello e nel cuore della gente». Poi conquistò l'oscar nel 2016 per le musiche di The Hateful Eight di Quentin Tarantino.
La gente lo amava come una star, quella gente che lui, pur col suo naturale distacco, rispettava profondamente.
«È il pubblico che mi ha creato, e bisogna sempre avere un occhio di riguardo per il pubblico, senza snaturare le proprie inclinazioni. Non seguo le mode. C'è troppa musica pop. Certo il pop ci vuole, ma ci vogliono più regole per soddisfare anche i gusti di altre persone».
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