Ognuno ha le proprie inconfessabili perversioni, anche gli scienziati più insospettabili. Prendete un fisico teorico a piacere una sera a cena in un ristorante romano qualsiasi e vedrete che, di fronte a una fumante cacio e pepe, cercherà di rompere il ghiaccio con una barzelletta del tipo: un fattore scopre che le sue mucche non producono più latte e allora chiede aiuto a un fisico teorico che subito si mette al lavoro tornando trionfante pochi giorni dopo per annunciare al fattore la sua brillante soluzione al problema che parte dall'approssimazione di una mucca sferica nel vuoto. Sì, a questo punto il vostro interlocutore si fermerà con una pausa teatrale e voi dovrete (fare finta di avere capito e) ridere di gusto. Ecco, questa è la perversione del fisico teorico medio: consegnategli il primo problema che vi venga in mente e vedrete che la sua iniziale, inevitabile risposta sarà quella di partire approssimando l'oggetto del problema a una sfera nel vuoto. Fanno così, non c'è verso, succede sempre, per qualsiasi problema, oggetto o animale capiti loro sottomano, che sia una mucca, la mia gatta Amelia (che essendo tutta nera ha avuto anche la sfortuna di essere assimilata a un corpo nero) o il volo degli storni, come raccontato nel primo capitolo dell'ultimo libro di Giorgio Parisi In un volo di storni (Rizzoli, pagg. 128, euro 14). L'ipotesi di stormi sferici era stata la prima, poi scartata grazie ai dati sperimentali raccolti da molte telecamere accuratamente posizionate per riuscire a ricostruire l'immagine tridimensionale delle complicatissime figure disegnate dalle migliaia di uccelli che si possono osservare al tramonto nel cielo sopra la Stazione Termini di Roma. E quando da piccola vedevo queste elaboratissime coreografie serali dal balcone di casa mi sono sempre chiesta a cosa servissero e adesso ho scoperto che sono probabilmente una sorta di segnale per indicare agli altri storni la posizione esatta di un buon dormitorio.
Dai problemi reali degli storni con tutte le loro complicazioni tra variazioni di densità e anisotropie fra vicini di volo, si passa poi a problemi più astratti e se possibile ancora più complicati come quelli legati agli allineamenti di spin nelle leghe metalliche note come vetri di spin, dove però viene in soccorso al lettore un'elegante spiegazione basata sulla tensione drammatica delle tragedie shakespeariane, fino ad arrivare agli strumenti matematici e concettuali per risolvere i problemi relativi ai sistemi disordinati.
Ma non sono solo i grandi risultati scientifici a essere presentati, ci viene anche fornito un vivace spaccato della vita e delle idee di uno scienziato: i primi anni di università, l'ambiente della fisica romana negli anni Settanta, l'aura di mistero che allora circondava la fisica teorica delle particelle elementari, le telefonate internazionali con colleghi negli Stati Uniti a 1200 lire al minuto, le «scannatrici», cioè signore che si occupavano di scansionare le tracce sperimentali lasciate dai passaggi di particelle, le intuizioni, il senso della scienza nella società, le occasioni mancate e le idee inaspettate come le traiettorie di un boomerang.
Giorgio Parisi è un fisico teorico, accademico Linceo e premio Nobel e chi mi conosce sa che, a causa di traumi infantili, questa combinazione di caratteristiche di solito non è la migliore per essermi simpatico, ma si salva decisamente dato che è anche un ballerino.
Perciò, oltre che negli spin (ma non quelli dei vetri), vorrei vederlo impegnato sulla pista da ballo in valzer, polka, mazurka, tango e fox trot, quindi qui lancio alla Milly nazionale la sua candidatura per la prossima edizione di Ballando con le Stelle.
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