La grande bellezza di Sorrentino vince l'Oscar

La statuetta torna in Italia dopo 15 anni. Miglior film "12 anni schiavo". Il messicano Cuaron premiato per la regia di Gravity. Attori più bravi Cate Blanchett e Matthew McConaughey

La grande bellezza di Sorrentino vince l'Oscar

Ce l'ha fatta. Paolo Sorrentino ha messo le mani sull'ambita statuetta d'oro. E' suo il miglior film straniero premiato nella notte degli Oscar. "La grande bellezza" ha trionfato. Previsioni confermate dunque. L'ultimo film italiano a vincere era stato "La vita è bella", di Roberto Benigni (1999). Sorrentino sale sul palco visibilmente commosso. Accanto a lui Toni Servillo, che nel film interpreta magistralmente Jep Gambardella, il giornalista che vive una crisi esistenziale e critica dall'interno una Roma troppo caciarona e festaiola, di cui però non riesce a fare a meno. "Grazie alla mie fonti di ispirazione - ha detto Sorrentino con la statuetta in mano -: Talking Heads, Federico Fellini, Martin Scorsese e Maradona. Grazie a Roma e a Napoli e alla mia personale grande bellezza: Daniela, Anna e Carlo (la moglie e i figli, ndr)". Ai giornalisti che lo circondano subito dopo la vittoria Sorrentino confessa: "Avrò bisogno di mesi per capire cos'è successo. Spero che l’Oscar serva da stimolo per il cinema italiano". Poi un commento sulla colonna sonora del film, la cui alternanza tra classica e disco-dance è un miscuglio un po' strano agli occhi dei giornalisti americani: "La musica del film è un semplice mix di musica sacra e profana, perché nella mia mente Roma è una città con questa grande caratteristica. E' il centro del Vaticano, del mondo cattolico, e allo stesso tempo, c'è un mondo profano che lavora sotto il Vaticano".

Nel backstage Sorrentino racconta l'attesa prima della cerimonia: "Negli ultimi giorni ho sentito un senso di responsabilità nei confronti del mio paese perché troppe persone parlavano di questo premio. E' stato un pò difficile da vivere, ma ora sono felice. Molto felice". A chi gli chiedeva perché, accanto a due mostri sacri del cinema, come Fellini e Scorsese, abbia voluto deidcare il premio a Maradona, ha raccontato che il calciatore giocava nel Napoli quando lui era un ragazzo: "Per me lui è stato molto importante".

"12 anni schiavo" di Steve McQueen conquista l'Oscar per miglior film del 2014. Ispirato a una storia vera batte "American Hustle" David O. Russel, "Captain Phillips" di Paul Greengrass, "Dallas Buyers Club" di Jean Marc Valle, "Gravity" di Alfonso Cuaron, "Her" di Spike Jonze, "Nebraska" di Alexander Payne, "Philomena" di Stephen Frears e "The Wolf of Wall Street" di Martin Scorsese. Il regista britannico ringrazia tutto il cast e i produttori, a partire da Brad Pitt, e poi la sua famiglia: "Tutti non devono solo sopravvivere, ma devono avere la possibilità di vivere. Questa è l'eredita di Solomon Northup. E vorrei dedicare questo premio a tutte le persone che hanno sofferto la schiavità e ne soffrono ancora al giorno d'oggi".

Migliore attore protagonista Matthew McConaughey per "Dallas Buyers Club". Interpreta in modo magistrale un cowboy omofobo che si ammala di Aids e poi fa della sua malattia una ragione, prima di business, e poi di vita. Nel ruolo femminile, invece, si impone Cate Blanchett, protagonista di Blue Jasmine. La bella attrice australiana nel film di Woody Allen è una donna nevrotica dell’upper class di New York caduta in disgrazia dopo la bancarotta del marito. "Sono qui a ritirare il premio - ha detto - grazie alla sceneggiatura straordinaria di Woody Allen. Grazie agli spettatori che sono andati a vederlo - ha aggiunto - e grazie a quelli che in questo settore scioccamente ancora credono che i film con le donne al loro centro siano dei film di nicchia. Non lo sono, gli spettatori vanno a vederli e fanno guadagnare. Il mondo è rotondo, gente". La Blanchett è l’unica fra gli attori ad avere già in bacheca una statuetta: nel 2004 vinse l’Oscar per la migliore attrice non protagonista per il suo ruolo in "The Aviator".

Il premio per la miglior regia va ad Alfonso Cuaron per "Gravity", che si aggiudica le statuette anche per effetti speciali, sonoro, montaggio sonoro, colonna sonora, fotografia e montaggio. Cuaron ha ringraziato le persone coinvolte nel progetto, in particolare il figlio Jonas, co-sceneggiatore, la sua protagonista Sandra Bullock, "Sandy sei tu Gravity, sei tu l'anima e il cuore, la persona migliore con cui potevo collaborare e una delle persone più belle con cui ho lavorato", e ancora George Clooney "per la tua fiducia". Ha infine dedicato il premio alla madre: "Se sono qui è per te e questo è per te". Kristen Anderson-Lopez e Robert Lopez hanno vinto l'Oscar per la miglior canzone originale, Let It go, nel film d'animazione "Frozen". Battuti gli U2, in corsa con Ordinary Love, e Pharrel Williams, in lizza con Happy.

Il grande vincitore e gli sconfitti

Steve McQueen, 45enne regista britannico di "12 anni schiavo", conquista il premio più ambito nella notte degli Oscar: "Dedico questo premio a tutti coloro che hanno sopportato la schiavitù e alle 21 milioni di persone che ancora soffrono la schiavitù al giorno d’oggi". La pellicola è una lezione di storia sulla schiavitù nel periodo precedente la Guerra Civile americana: ottiene anche altre due statuette, quella di Lupita Nyong’o (migliore attrice non protagonista) e quella per la migliore sceneggiatura. E rimarrà nella storia anche l’immagine di Brad Pitt, finalmente salito sul palco per raccogliere il premio come produttore del film (il suo primo dopo cinque nomination).

Gravity, del regista messicano Cuaron, porta a casa sette delle statuette cui aspirava: oltre a quella come migliore regista, una prima assoluta per una regista latino-americano, anche il miglior montaggio -ancora a Cuaron insieme a Mark Sanger- migliore fotografia (Emmanuel Lubezki), miglior colonna sonora originale, migliori effetti visivi, miglior sonoro e miglior montaggio sonoro.

Grande sconfitto della serata il regista David O.

Russell, il cui "American Hustle" esce di scena a mani vuote, nonostante avesse 10 nomination come "Gravity". A bocca asciutta anche "The Wolf of Wall Street" di Martin Scorsese, e soprattutto Leonardo Di Caprio, che anche stavolta torna a casa senza alcun riconoscimento.

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