Houellebecq: la possibilità di un'isola anticonformista

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Houellebecq: la possibilità di un'isola anticonformista

«Tenuto conto della straordinaria, vergognosa mediocrità delle scienze umane nel XX secolo, tenuto conto anche dei progressi compiuti durante lo stesso periodo dalle scienze esatte e dalla tecnologia, ci si può aspettare che la letteratura più brillante, più inventiva del periodo sia quella di science-fiction» scrisse Michel Houellebecq sulla Nouvelle Revue française nel 2002.

Non aveva torto, perché l'ignoranza umanistica della scienza ha condotto i letterati a essere la retroguardia del pensiero, a essere surclassati perfino da Dan Brown, il quale con il suo Origin ha scritto uno dei romanzi più interessanti degli ultimi tempi. Vale, tuttavia, anche per lo stesso Houellebecq, di cui Bompiani pubblica il secondo volume delle opere complete (2001-2010). Dentro ci sono Piattaforma (2003), La possibilità di un'isola (2005) e La carta e il territorio (2010), più una serie di interventi, saggi e interviste. Dei tre, il secondo è certamente il più bello, proprio perché, come nel romanzo d'esordio Le particelle elementari, utilizza la scienza (nella fattispecie la clonazione) per riflettere sulla condizione umana e sulla mortalità. In Piattaforma c'è il rapporto decadente tra la soddisfazione dei propri desideri e la società occidentale, oltre un deciso attacco all'Islam, definita da Houellebecq «la più stupida delle religioni» (non salvando certo le altre). Il più noioso, invece, è La carta e il territorio, perché il più letterario, non per altro ha vinto il prestigioso Premio Goncourt (a cui Houellebecq teneva molto), a dimostrazione che i premi si danno sempre ai romanzi peggiori.

In ogni caso Houellebecq è uno dei pochi scrittori a aver toccato argomenti cruciali con molta lucidità intellettuale, tanto nei romanzi quanto negli scritti più disparati. Dopo l'uscita di Piattaforma, sotto l'attacco di critici e benpensanti, si scaglia contro il politicamente corretto ai tempi del relativismo culturale: «Il rispetto è diventato obbligatorio anche per le culture più immorali e più stupide». È quel fenomeno per cui oggi una giornalista di un noto quotidiano di sinistra per intervistare un imam si mette il velo. Non è un autore per la biblioteca di Laura Boldrini, che non l'avrà letto ma se lo leggesse lo metterebbe all'indice, anche solo per questo pensiero: «Personalmente ho sempre considerato le femministe delle amabili stupide, inoffensive nei loro principi, ma purtroppo rese pericolose dalla loro disarmante assenza di lucidità».

Già più di un decennio fa, Michel riteneva che si fosse diventati più puritani che nei secoli passati, cosa evidente oggi con la caccia alle streghe seguita al caso Weinstein. Cosa su cui aveva già riflettuto molto prima, nel 1997: «Nelle condizioni attuali dell'economia sessuale, l'uomo maturo ha voglia di scopare, ma non ne ha più la possibilità; non ne ha veramente nemmeno il diritto». In un Occidente non più consapevole di se stesso, delle sue libertà, tantomeno della sua superiorità. Una superiorità dell'Occidente proclamata un giorno da Silvio Berlusconi, subito condannato dal pensiero di sinistra, perché l'Occidente, secondo i relativisti culturali, non deve ritenersi superiore a nessuno. Quindi se nei Paesi islamici impiccano gli omosessuali, se le donne sono trattate come oggetti, noi non siamo superiori? Invece di esportare la democrazia, idea dell'odiato Bush, importeremo i burqa, in nome del rispetto delle culture: non siamo lontani, già il burkini è diventata una moda perfino nelle donne occidentali radical chic.

Ecco, a Michel non sfuggì neppure questo, e lo commentò su L'Opinion Indépendante nel 2002: «Si fa di tutto perché l'Occidente sia a questo punto.

Per esempio Berlusconi fa un'osservazione e si dice subito che è da idioti classificare le civiltà secondo una scala di valori. No, non è da idioti. Ci si vuole dissuadere dal pensare che la civiltà occidentale sia potuta essere superiore su certi punti; perciò essa si dissolve nel cinismo».

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