Somalia, Stati Uniti, Australia, Finlandia, Bosnia, Arabia Saudita. Sei Paesi per sei puntate. Parte così Piacere Maisano, il nuovo programma della ex iena in onda da questa sera su Tv8. Un programma che ha come obiettivo quello di affrontare tematiche forti, di attualità (dal cambiamento climatico alla fede), ma con uno spirito e un linguaggio nuovo. Accessibili a tutti, "pure alla mia vicina di casa che ha 65 anni". E il nome del programma nasce proprio da questo intento.
Maisano porta il telespettatore con sé, in giro per il mondo, grazie al suo smartphone. "Lo uso come una sorta di confessionale - spiega a ilGiornale.it - così immergo chi mi guarda nella realtà in cui sono. Insieme andiamo a scoprire cosa succede. Capiamo le cose insieme". Ma il reporter non sarà solo in questa avventura. Con lui, infatti, partirà il videomaker e autore del programma, Alessandro Casati, e alcuni personaggi noti al grande pubblico, da Gianfranco Vissani a Paolo Brosio. Insomma, ci sarà tanto da scoprire, ma anche tanto da ridere.
Ma andiamo a vedere insieme chi è Marco Maisano, come lavora, cosa consiglia ai giovani reporter e soprattutto cos'è Piacere Maisano.
Quando hai iniziato la tua carriera da reporter?
"Le primissime collaborazioni - diciamo - sono con The Post Internazionale. Avevo 24 anni, mandavo articoli da Israele. Il lavoro vero, però, è iniziato a ilGiornale.it avevo 25/26 anni. La mia carriera è cominciata con gli Occhi della Guerra. Ho conosciuto Andrea Pontini che per me è una persona fantastica, un amico vero. Ha creduto in me. Io ero appena tornato dall'Iraq e lui mi ha fatto ripartire. "Parti con noi", mi ha detto. E così ho iniziato a realizzare i reportage per gli Occhi della Guerra. Poi, ho lavorato a Le Iene per tre anni. Ho continuato tutto il percorso che avevo iniziato a ilGiornale.it, quindi, occupandomi di Medio Oriente. Ho viaggiato moltissimo in Iraq, in Cile, in Afghanistan.. Dopo le Iene, ho avuto un'offerta di lavoro dalla Rai, quindi, sono andato a Nemo. Ho iniziato con la seconda edizione di Nemo. Ho fatto tutto il percorso a Nemo finché c'era il programma. Poi, un piccolo passaggio nel programma di Enrico Lucci sempre su Rai Due e poi...".
Poi?
"Poi c'è Piacere Maisano. Il programma a cui penso da molto tempo e che nasce da un presupposto molto semplice".
Cioè? Cosa ti ha spinto a buttarti in questa nuova avventura?
"L'idea di questo programma parte da una domanda: 'Ma è possibile parlare di temi non proprio pop, temi che normalmente sono circoscritti in tv a un pubblico di nicchia o in programmmi che fanno più approfondimento che intrattenimento. Diciamo a programmi che parlano a un pubblico ristretto perché sono un po' complessi. È possibile trasformare questi temi complessi, renderli fruibili per tutti? Rendere semplice una cosa difficile, è possibile?' Questa è la sfida del programma. Ovviamente, non ho la pretesa di dire che chi guarda il primo episodio di Piacere Maisano ha capito tutto sul cambiamento climatico. Assolutamente, è giusto approfondire. Ma tu un'idea te la sei fatta perché io me la sono fatta insieme al pubblico. Non arrivo mai da solo - e questo è l'atteggiamento che tengo fin da subito - non so mai molto più del pubblico. È tutto una scoperta".
Scoprite insieme, quindi?
"Esatto. Scopriamo insieme le cose. Esempio: i ghiacciai si sciolgono? E spesso si dà per scontato che sia un problema. No. La prima domanda deve essere: 'Ma perché è un problema?'. Oppure, la temperatura si è alzata di un grado. Va beh, ma un grado che è? Non è niente se uno pensa a un grado... Insomma, l'atteggiamento è un po' questo. Ovviamente, unito a ciò che sono io".
E tu chi sei? Chi è Marco Maisano?
"Ma io sono una persona estremamente semplice, ironica. Per cui non drammatizzo mai le cose, neanche in questi casi dove magari sarebbe semplice rendere tutto un dramma. Sono andato in Somalia dove la gente non ha l'acqua e insieme ai somali ci abbiamo riso un sacco. Siamo riusciti insieme a loro a rendere tutto un pochino meno pesante, ma non perché l'idea del programma sia quella di far ridere le persone. L'idea è quella di trovare un nuovo modo per far si che le persone continuino a guardare questa cosa perché questa cosa è importante. Proprio perché il cambiamento climatico, ad esempio, è un tema importante lo dobbiamo alleggerire perché arrivi a tutti. Perché se io parlo all'ambientalista convinto non ho fatto il mio lavoro. Io voglio parlare alla mia vicina di casa che ha 65 anni e non sa manco cosa sia il cambiamento climatico".
Ma il tespettatore come fa a vivere con te questa esperienza?
"Un videomaker che poi è Alessandro Casati, un autore del programma, riprende tutto da fuori. Io uso il mio cellulare. Usando lo smartphone faccio delle riflessioni personali, è un po' un confessionale. Dico ciò che penso su quello che ho visto. E questo è un modo per ridurre la distanza fra il giornalista e il pubblico. Il cellulare è un modo per avvicinarmi al pubblico".
Quando sei partito per questo viaggio ti aspettavi di trovare quello che hai trovato?
"No. Ad esempio: io sapevo del cambiamento climatico e delle problematiche connesse. Ma non pensavo di trovare quello che ho visto. Mi aspettavo cose diverse, per tutte le puntate. Nella puntata sulla religione, quella con Paolo Brosio, mi sono accorto che c'è un'Italia così religiosa che non ti aspetti. Siamo andati a Medugorje e lì sono rimasto completamente sconvolto. C'è una quantità di gente che non ci credi. Ci siamo andati il giorno in cui teoricamente una delle veggenti dice di aver visto la Madonna. Noi eravamo accanto a lei. Scoprire che questa Italia sempre più laica ha delle sacche di cristiani così praticanti... un po' ti sconvolge".
La cosa più assurda che ti è capitata in questa esperienza?
"Giocare a baseball con i ciechi. I ciechi fanno tutto grazie alle tecnologie che è un tema di un episodio. Per cui mi sono bendato e ho voluto giocare a baseball coi ciechi ed è stata un'esperienza incredibile. Loro sono bravissimi, hanno degli strategemmi. Li sanno utilizzare nella maniera adeguata, io no. Infatti ho fatto schifo. È stata una cosa veramente folle, cinque ore al buio. Un'esperienza intensa".
Con te ci sono alcuni personaggi famosi. Chi ti ha "stravolto" la giornata?
"Paolo Brosio. È una persona fantastica, è una persona a cui vuoi subito bene. È una persona di cuore che ha avuto una conversione sincera. È una cosa ammirevole il fatto che lui abbia messo davanti a tutto la sua convinzione. Lo ha fatto per l'essere umano ed è una cosa che fanno in pochi. Poi è simpatico, mi ha fatto sfasciare dal ridere. Simpaticissima anche Debora Villa. Simpatica, divertente, alla mano. In realtà, un po' tutti mi hanno fatto divertire. Di Vissani ho apprezzato la sua follia con un talento formidabile. Ha una capacità di riconoscere i gusti, di mettere insieme le cose... Io non ci sono abituato. Fa veramente impressione vedere uno chef a quel livello lavorare".
Ultima cosa: tu hai 30 anni, sei giovanissimo, ma hai una carriera invidiabile. Tanti aspiranti reporter sognano di fare questo mestiere. Due anni fa, infatti, sei venuto al Reporter Day organizzato dagli Occhi della Guerra per motivare e scovare talenti. Cosa consigli a chi vuole diventare un reporter?
"Non tanto crederci, ma capire cosa vuoi fare. Questo è un mesterie molto affascinante, ma molto poco affascinante nel durante perché ti fai un culo... Devi prendere una quantità di aerei, treni che non ha senso. Un vero sbattimento. Quello che direi ai ragazzi è di cercare di capire se è una curiosità fondata.
Perché altrimenti non ti fai 36 ore di viaggio per andare in Australia due giorni e poi tornare. Non può essere il lavoro a spingerti, ma la passione. Devi essere una persona tanto curiosa per fare questo mestiere. È il lavoro più bello di tutti. Scopri un sacco di cose, ma soprattutto parli con gli altri".
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