"Io, Tardelli e il Covid tra famiglie allargate e l'amore dopo i 50"

La conduttrice dell'"Aria che tira" su La7: "Racconteremo l'Italia anche di domenica"

"Io, Tardelli e il Covid tra famiglie allargate e l'amore dopo i 50"

Lei si fa chiamare «straccio felice». E lui l'ha soprannominato «triglia innamorata». A vederla in tv, con quel piglio deciso, quell'aspetto imponente, quella parlantina inarrestabile, non ci si immaginerebbe mai una Myrta Merlino trasognata, persa nelle nuvole di cuoricini. La sua «triglia», si sa, non è uno qualsiasi, ma Marco Tardelli, il campione simbolo dei Mondiali dell'82, (il suo urlo è tra le immagini iconiche della storia del calcio), poi allenatore, commentatore e tanto altro ancora. Si sono messi insieme 4 anni fa. E a 51 anni (lei) e 65 (lui) continuano ad amarsi come due diciottenni, a fuggire insieme per weekend romantici, a girare con il vespino rosso, addirittura a festeggiare San Valentino. O a gustarsi il tramonto abbracciati in riva al mare, come si stanno concedendo ora a Pantelleria. Ma non pensate che la passione l'abbia sedata o rammollita: a settembre è pronta a tornare con la sua grinta alla guida de L'aria che tira su La7, per un autunno più complicato che mai.

Dunque, Myrta, per un momento accantoniamo politica ed economia: quanto ti ha cambiata la relazione con Tardelli?

«Molto. Lui mi ha permesso di abbassare le difese, di lasciarmi andare. Ho passato gran parte della mia vita a correre, studiare, lavorare, costruirmi una carriera, fare la moglie e la madre. Ho avuto due gemelli (Pietro e Giulio, 23 anni) quando ero molto giovane. Con lui mi sono fermata, tranquillizzata e mi sono ripresa quello che non ho potuto avere a vent'anni».

Forse è più facile quando si è raggiunta una certa maturità

«Certo. Lui è una persone risolta. E pure io. Mi è capitato di incontrare uomini che facevano fatica a stare con una donna ingombrante come me, che ha un ruolo pubblico, che si comporta da capofamiglia. Invece tra noi questo problema non esiste, non c'è rivalità. Mi ha addolcita, mi accetta per quella che sono, con lui posso essere me stessa, Myrta e basta».

Ma da dove viene il nomignolo «straccio felice», non proprio romantico?

«Che ridere Nei primi tempi, era il 2016, ci incontravamo di notte, verso l'una e trenta, quando lui finiva di partecipare ai programmi sugli Europei, io invece mi dovevo alzare alle 7 per andare in studio. E lui mi diceva: «Amore sei uno straccio Invece a dare il soprannome a lui è stata una mia amica: la prima sera che ci ha visti insieme mi ha detto: Ha proprio gli occhi da triglia innamorata».

All'inizio è stato difficile

«Due persone famose, cinque figli (tre miei e due di Marco) da preservare, relazioni precedenti di cui tenere conto: non volevamo nasconderci, ma tenere tutto sotto traccia, per cui ci sono rimasta male quando si sono scatenati i giornali scandalistici. Ora siamo una grande famiglia allargata. Comunque, per Marco non è stato difficile conquistare il cuore dei miei due gemelli, tifosi sfegatati, benché romanisti Stella Pende, madre di Nicola, secondogenito di Marco, e mia cara amica, ricorda che quando stava con lei non era così dolce, dice che ora è diventato un agnellino».

Durante il lockdown vi incontravate al supermercato

«Viviamo in due case diverse. E, dunque, abbiamo rispettato le regole. Ogni tanto ci davamo appuntamento per fare la spesa ci parlavamo in fila. Io dovevo andare tutti i giorni in studio e, come tutti, non volevo mettere nessuno a rischio. Ho avuto paura per i miei figli, chiusi in casa, quando tornavo mi lavavo in continuazione».

Questo periodo così intenso e difficile cosa ti ha lasciato?

«Mi ha cambiata. Abbiamo affrontato un grande viaggio nell'umanità che ci ha fatto riscoprire le motivazioni per cui abbiamo scelto questo lavoro: stare vicini alla gente, fare servizio pubblico. E anche un nuovo senso di responsabilità: ho parlato non a caso di una sorta di giuramento di Ippocrate dei giornalisti. Ci sono arrivate 70mila lettere da persone che ci chiedevano di tutto e ci raccontavano esperienze incredibili. Mai dimenticherò il racconto delle ostetriche che aiutavano le donne completamente sole durante il parto: mandavano le foto dei bimbi appena nati ai mariti che aspettavano fuori dagli ospedali».

E in che cosa ti senti diversa?

«Tutto il dolore che ho sentito, raccolto, raccontato forse mi ha aiutata a fare pace con la morte di mia madre. È successo tre anni fa, un colpo tremendo, perché la malattia se l'è portata via in fretta, troppo presto. Per me lei era un faro, una donna di grandissima energia, intellettuale, sinologa, maoista, a 70 anni portava ancora le minigonne A luglio, nel giorno della sua scomparsa, ho sentito la sua voce, come se mi avesse parlato, l'ho percepita fisicamente dentro di me: il buco nel cuore, per usare un'espressione di Chiara Gamberale, che mi ha provocato la sua morte si è trasformato in un passaggio segreto per entrare in contatto con lei».

Nel mesi della pandemia ti sei trovata in situazioni private complicate: dovevi trattare argomenti come la mancanza di camici e mascherine, e a gestire l'emergenza c'era Domenico Arcuri, tuo ex compagno e padre di tua figlia.

«In effetti non è stato semplice. Caterina (19 anni) mi diceva: vedo su un canale te che parli di caos negli ospedali e su un altro papà che si difende dai giornalisti. Ho cercato di fare al meglio il mio lavoro non nascondendo nulla e tenendo conto della sensibilità dei miei ragazzi e della posizione di responsabilità di Domenico».

Cosa ti aspetti per la prossima stagione?

«Di continuare a essere vicina alla gente, che dovrà affrontare situazioni disastrose soprattutto dal punto di vista economico. E di essere ancora di più me stessa: ormai mi sono concessa questa libertà di fare quello che mi sento. Come inginocchiarmi per George Floyd, l'afroamericano soffocato a morte dai poliziotti di Minneapolis: per questo gesto sono stata criticata, ma mi è venuto spontaneo. Non mi sono mai schierata politicamente, giudico le situazioni singole, abbraccio delle battaglie e mi tengo la libertà di criticare. Ora posso permettermi di non essere più la giornalista secchiona e costruita per essere perfetta come mi ha insegnato Giovanni Minoli quando ho cominciato in Rai».

Ci sarà anche una novità importante

«Stiamo lavorando insieme al direttore di La7 Andrea Salerno all'idea di un programma alla domenica pomeriggio. Non appena pronti andremo in onda. Sarà una domenica nuova, coerente con il racconto dell'attualità che è lo spirito de La7, una rete speciale, un telaio con diversi colori, tutti sintonizzati nel raccontare il presente in modo credibile e riconoscibile».

E un'idea che ti stuzzica?

«Mi piacerebbe dedicarmi a un'esperienza internazionale, per esempio seguire una campagna per le presidenziali americane. Non ho mai potuto farlo perché non volevo lasciare i figli soli per tanto tempo. Ma ora sono grandi».

In tanti anni di carriera, hai conosciuto i più grandi nomi della politica e della cronaca, chi ti è rimasto più impresso?

«Liliana Segre, il più bell'incontro della mia vita: una lucidità, una passione, una simpatia incredibili per una donna di 90 anni. Dopo cinque minuti che eravamo seduti, mi ha detto riferendosi a Marco Questo non te lo lasciar scappare, ce ne sono in giro pochi di uomini innamorati così».

L'incontro più sgradevole fu con Dominique Strauss-Kahn, l'ex ministro francese e direttore del Fondo monetario internazionale: si presentò in vestaglia e provò a fare altro invece di un'intervista

«Gli diedi un ceffone e me ne andai. Alan Friedman, che allora era il mio capo in Rai, mi rimproverò perché secondo lui avrei dovuto comunque realizzare l'intervista In quel momento non raccontai nulla (venne fuori molti anni dopo) perché non volevo diventare famosa per un episodio spiacevole ma per il mio lavoro. Un po' me ne sono pentita perché, forse, avrei dato il coraggio ad altre donne di parlare. Perché non tutte hanno la forza di rifiutare.

Io dico sempre alla ragazze di non cercare scorciatoie, che non esistono vie più semplici, si deve percorre la propria strada con fatica, pezzo per pezzo, con le proprie forze Poi, magari, ti ritrovi a incontrare il vero amore a 47 anni ma va bene così, anzi meglio».

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