Gli italiani, i film e l'amore per la moglie. Il Lido ruggisce con il Leone Benigni

Premio alla carriera per l'attore che emoziona con la dedica a Nicoletta e "rielegge" Mattarella

Gli italiani, i film e l'amore per la moglie. Il Lido ruggisce con il Leone Benigni

Quando gli consegnarono l'Oscar per La vita è bella, nel 1999, Roberto Benigni fece esplodere il Kodak Theatre di Los Angeles saltando di poltrona in poltrona sopra le teste coronate di Hollywood. Qui al Lido, in Sala Grande, ieri, dove nella serata inaugurale della 78ma Mostra del Cinema ha ricevuto il Leone d'oro alla carriera, ha sfilato in una vera marcia trionfale - standing ovation, «Robertooo!» e applausi infiniti - dalla poltroncina d'onore in Galleria fino al palco. Introdotto da una altissima laudatio della regista e amica Jane Campion, Benigni abbracciando la statuetta d'oro del Leone («Quando mi hanno telefonato ho fatto i salti di gioia, anzi di rumba e di mambo, spogliandomi nudo... Al massimo mi sarei aspettato un micino... ma un leone addirittura...») nel breve spazio del discorso di accettazione ha dato vita, come era prevedibile e si sperava, a un vero show. Si è profuso in lodi all'indirizzo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, applauditissimo lassù in alto nella sala, chiedendogli di restare fino al prossimo festival, «anzi fino ai Mondiali in Qatar, visto che porta fortuna», altro che semestre bianco... Ha dedicato il Leone agli italiani «che mi vogliono bene» e ha ricordato tutte le persone che lo hanno scelto nella vita e nell'arte (Bertolucci e Cerami, Ferreri e Citti, Troisi e Fellini, Jim Jarmusch e Garrone...). Ma soprattutto ha regalato alla moglie, produttrice, «attrice preferita» e compagna di una vita Nicoletta Braschi una delle più belle dichiarazioni d'amore della storia recente dello spettacolo. «Abbiamo fatto tutto insieme per 40 anni. Quanti film abbiamo fatto? Ma poi cosa vuol dire misurare il tempo in film? Io conosco solo un modo per misurare il tempo: con te o senza di te». «Questo Leone non è mio, è nostro. Io mi prendo la coda, per scodinzolare di gioia. Tu le ali, con le quali mi hai fatto volare». Finendo con una citazione di Groucho Marx: «Gli uomini sono donne che non ce l'hanno fatta».

Sul come era incominciata la serata, invece, ci sono le solite cose da dire. La madrina, troppo emozionata, non si è sottratta agli impacci e alla retorica (le madri afghane...) dei discorsi di tutte le recenti madrine. Il ministro della Cultura Dario Franceschini ha ascoltato composto. E il presidente della Biennale di Venezia, Roberto Cicutto e il direttore della Mostra Cinematografica Alberto Barbera si sono comportati da perfetti padroni di casa con le giurie e il pubblico internazionale. Che non è poco quando il mondo ci guarda.

E così è iniziata ufficialmente la 78esima edizione della storia della Mostra, la seconda dell'era Covid. Lo scorso anno, in piena pandemia, si rischiò molto facendo il festival e si vinse tutto: organizzazione perfetta, misure anticontagio efficientissime (non ci furono focolai), complimenti dal resto del mondo, che parlò del «modello Venezia», e ci si «portò a casa», simbolicamente, anche i tre premi Oscar di Nomadland che qui vinse il Leone d'oro. Ma quest'anno la Mostra addirittura rilancia. È tempo di green pass e di vaccinazioni a tappeto (ci sono 12 gazebo per i tamponi lungo le vie d'accesso alla cittadella del cinema), e alle misure di sicurezza sanitaria si aggiungono quelle dell'antiterrorismo causa paura attentati per l'Afghanistan: elicotteri, droni, artificieri subacquei, agenti in borghese... È vero: come già lo scorso anno salta il tradizionale party inaugurale sotto i tendoni dell'Excelsior (sostituito da una cena di gala nella Sala Stucchi dell'Hotel, ristretta e distanziata, solo per le autorità, i giurati e i protagonisti del film di apertura). Ed è vero: nei giorni scorsi ci sono stati alcuni problemi di funzionamento del sistema delle prenotazioni online, che invece l'anno scorso, appena introdotto, funzionò benissimo. Ed è vero, il red carpet rimane blindato: i cast lo fanno, ma a favore di fotografi e tv, non del pubblico, tenuto lontano da un muro anti-assembramenti.

Ma il festival e il cinema non si fermano («Il cinema sopravviverà sempre» ha detto Bong Joon Ho, il regista sudcoreano premio Oscar per il film Parasite, presidente della Giuria che assegnerà i premi del concorso principale). E infatti il direttore della mostra Alberto Barbera e la sua squadra di selezionatori - che continuano imperterriti da anni a portare al Lido i titoli migliori e la maggiori star - hanno sfruttato cinematograficamente il meglio nel peggio della pandemia: «Si credeva che la crisi Covid avesse fatto calare il numero e la qualità delle produzioni. Invece è accaduto il contrario ha detto Barbera .

Il sistema ha ripreso a produrre in modo impressionante all'insegna di una elevata qualità. Il cinema è tutt'altro che piegato dalla pandemia. Non è mai stato così vivo, vitale, curioso e originale».

E #Venezia78 lo dimostrerà.

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