Se n'è andato il 18 settembre 1970 a soli 27 anni. Troppi stravizi, troppe disillusioni anche se con la chitarra in mano era ed è sempre il numero uno. Jimi Hendrix, fonte inesauribile di energia e di ricerca per tutti i chitarristi dell'universo, è scomparso ormai da mezzo secolo ma la sua musica - e non è retorica - non invecchia. Basta ascoltare l'attacco con il wah wah scatenato di Voodoo Chile (Slight Return) per capirlo. Jimi nella sua breve vita ha inciso solo tre dischi, due pietre angolari della storia del rock come Are You Experienced? e Electric Ladyland e l'ottimo Axis: Bold As Love ma la sua produzione postuma dal vivo è ricchissima e di altissima qualità, Ora ci pensano il padre e la sorella a dispensare piccoli capolavori live, ma subito dopo la sua orte hanno cominciato a circolare dischi dal vivo.
Il primo lavoro dal vivo è Band of Gipsys con la nuova formazione (Billy Cox al basso e il tonante batterista Buddy Miles) e la svolta funk soul in brani come Changes e Machine Gun, che diventerà uno dei suoi cavalli di battaglia in concerto. Band of Gypsys cattura le esibizioni del 31 dicembre e 1 gennaio 1969-'70 (allora si festeggiava il capodanno con concerti di lusso) ma comprende soltanto una manciata di canzoni di quello storico show. Il resto lo ritroviamo nel cofanetto quintuplo Songs From Groovy Children. The Fillmore East Concert una scatenata esibizione con 43 brani (nonostante questo non i concerti completi, perché all'appello mancano ancora 5 pezzi che presumibilmente la famiglia prima o poi pubblicherà). Per ascoltare un Hendrix più rock-blues e meno funky non si può mancare il nuovo Live In Maui inciso con la Experience alle Hawaii il 30 luglio 1970, energia allo stato puro un mese e mezzo prima della morte.
Per comprendere il vero mito di Hendrix al di là dei suoi meriti musicali l'album più adatto è Live at Monterey. The definitive Edition. Una performance che ha segnato un'epoca. Jimi, americano di Seattle, era diventato una superstar in Inghilterra, e ora, al Festival di Monterey, doveva convincere il pubblico e l'intellighentia hippie americana. Per questo quello show fu così importante e la sua immagine inginocchiato e indemoniato mentre brucia la sua Fender sul palco fu solo la ciliegina sulla torta di una performance tirata come mai era accaduto prima. Fu Paul McCartney (di cui Hendrix eseguiva dal vivo Sgt Pepper's Lonely Hearts Club Band) dopo averlo ascoltato al Saville Theatre di Londra, a spingere gli organizzatori a portarlo sul palco lìultima delle tre serate, quella delle superstar, a contendersi il pubblico con gli osannati Who, anche loro campioni nello sfasciare la loro strumentazione alla fine dei concerti.
Anche quello spettacolo al Saville Theatre ebbe il suo coupe de theatre. Jimi alla fine lanciò la sua chitarra in mezzo al pubblico, sul retro della quale aveva scritto questa poesia: «Possa questo essere amore o solo/confusione nata da sentimenti nutriti di frustrazione/Non essere in grado di dare/autentico e fisico amore/alla Regina zingara dell'universo/musica vera e libera di esprimersi/mia dolce chitarra ti prego riposa/Amen». Durante la preparazione dello show di Monterey, tutti i musicisti erano fatti di Lsd e soprattutto di una nuova droga allucinogena lanciata da Augustus Owsley (il chimico preferito dai Grateful Dead) chiamata STP o Purple Haze (non a caso Jimi le intitolò una sua canzone) ma Jimi, pur facendone largo uso, sapeva dominarne bene l'effetto e i suoi «viaggi». Il pomeriggio del concerto fu indaffarato tutto il giorno cercando una Fender da sacrificare al suo rito pagano. Aveva posto a terra quattro Fender e stava dipingendo degli svolazzi neri su una chitarra bianca e gialli su un'altra. «Pareva un sogno Navajo - disse Eric Burdon - il guerriero prima della caccia». Sappiamo tutti l'incredibile effetto visivo di quello spettacolo e chi lo volesse vedere può farlo attraverso il film Monterey Pop di Pennebaker. Nella versione più completa di 2Live at Monterey sono inclusi anche tre documentari tra cui una esibizione a Chelsform (in Gran Bretagna) del 25 febbraio 1967, la più antica esibizione di Jimi mai documentata. Si apre con una torrida versione della Johnny B. Goode di Chuck Berry l'infuocato Hendrix In the West uscito nel 1972 ma sempre attualissimo, così come la raccolta - presa da vari concerti e prodotta da Alan Douglas - The Jimi Hendrix Concerts. Sui dischi di Woodstock (il triplo e il doppio) c'è poca roba, anche se la versione dell'inno americano distorto e urlato dalla chitarra vale l'acquisto. Bisogna comprare l'intero cofanetto di 38 cd di Woodstock per avere la performance intera dell'artista.
Fondamentali invece i 5 cd Live at Winterland incisi tra il 10 e il 17 ottobre 1968 con chicche come Dear Mr Fantasy dei Traffic con Buddy Miles alla batteria e ospiti come il bassista dei Jefferson Airplane Jack Casady.
Sono ancora molti gli album di Hendrix dal vivo che meritano un ascolto, tra questi Miami Pop Festival uscito nel 2013 o il dvd Electric Church, tratto dal Festival di Atlanta del 4 luglio 1970 e ancora il recente West Coast Seattle boy. Fate voi la scelta. È tutta musica senza tempo e chissà che altre sorprese avrebbe potuto portarci.
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