Kate Bush e la forza delle serie tv

"Stranger things" rimanda in classifica un brano dell'85. Confermando una tendenza

Kate Bush e la forza delle serie tv

Ma chi se lo aspettava. Ai primi posti delle classifiche di mezzo mondo (da Spotify a iTunes) c'è un brano del 1985 dell'artista più riservata del pianeta, Kate Bush. La seconda vita di Running up that hill dipende dalla serie tv più vista del momento, ossia Stanger things di Netflix, che l'ha inserita nella colonna sonora. Risultato: boom.

Il brano, che totalizzava stancamente circa 20mila streaming al giorno, in due giorni ha raggiunto i 2,5 milioni di ascolti quotidiani solo negli Stati Uniti, che diventano 8 considerando anche il resto del mondo. In Gran Bretagna il brano è (ri)entrato in classifica al numero 8, nella Top 200 di Spotify Usa è al primo posto mentre nella classifica mondiale è al secondo posto, facendo paura a uno che non era ancora nato quando Running up that hill è uscito, ossia Harry Styles di anni 28. Se si aggiungono circa 400mila ascolti radiofonici, Kate Bush è entrata per la prima volta nella sua carriera nella top ten americana.

Lei, che si fa vedere raramente e usa i social con lo stesso entusiasmo di quando si inizia una dieta (penultimo post nel maggio 2021), ha deciso di ringraziare tutti sul proprio sito con un euforico «Running up that hill sta ricevendo nuova vita dai giovani fan che amano lo show (lo adoro anche io!)». In effetti è una resurrezione sorprendente, se non altro perché, quando fu pubblicato quel brano suscitò molto meno entusiasmo (negli States non andò oltre il trentesimo posto). In più, bisogna dirlo, ad ascoltarlo sono soprattutto giovani e giovanissimi che prima probabilmente manco sapevano chi fosse Kate Bush e che cosa la sua musica «surreale», lanciata da David Gilmour dei Pink Floyd e amata da Peter Gabriel, abbia rappresentato nell'evoluzione del pop mondiale.

Questa inglese stramba e riservata, classe 1958, è arrivata alla fine degli anni Settanta con una miscela indescrivibile di rock, folk, suoni etnici e persino classica che in quei tempi sconvolti tra progressive, punk e hard rock era realmente una scommessa. La voce, poi. Kate Bush la usava in modo «non apologetico» come si legge su Wikipedia: una definizione che non vuol dire nulla se non che la modulava in modo totalmente lontano da qualsiasi cosa si ascoltasse in quel periodo e che poi ha ispirato tante altre cantanti sopraffine, da Bjork fino alla nostra Elisa. In ogni caso, da anni Catherine detta Kate si gode la propria fortuna (è una delle artiste più ricche della Gran Bretagna) e si guarda bene dall'affollare l'arena rancorosa dei social rievocando le vecchie glorie dei decenni scorsi.

Tanto poi ci pensano le serie tv.

Dopotutto il caso di Running up that hill non è isolato e senza dubbio sarà destinato a replicarsi chissà quante volte in futuro. Mai come in questo periodo, le colonne sonore riprendono brani del passato. E mai come in questo periodo, lo streaming e la musica cosiddetta liquida sono voracissimi di presente ma assai smemorati per quanto riguarda il passato, facendo crescere una generazione di ragazzi praticamente ignari della musica che c'è stata prima.

Visto che un bel brano rimane un bel brano a prescindere da quando è stato pubblicato, ecco che ogni tanto riprendono vita canzoni che sembravano sepolte. È accaduto anche ai Fleetwood Mac che nel 2020 sono tornati in classifica con il brano Dreams uscito nel 1977. Motivo? Era stato visualizzato oltre 75 milioni di volte su Tik Tok. Insomma, la nuova vita di Kate Bush dipende da una serie Netflix di straordinario successo anche perché musicalmente molto attenta. Ambientata negli anni Ottanta, ha una colonna sonora studiata alla perfezione e conferma che la scelta dei brani giusti trasforma sempre un buon copione in una sorta di capolavoro (in Stranger Things la ascolta Max ancora addolorato per la morte del fratellastro e il brano parla di un patto con dio per scambiare la vita con una persona amata...).

Insomma, è sempre la qualità a fare la differenza non come, tanto per dire, in House of Gucci dove l'incontro tra Patrizia Reggiani e Maurizio Gucci si celebra con il sottofondo di un pezzo di George Michael uscito in realtà molti anni dopo l'evento.

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