La grandezza di una stella si giudica non solo dalla luminosità ma anche dalla forza di superare generi, età, barriere. Carla Fracci è stata uno dei prototipi della popstar moderna che porta il proprio talento oltre il campo d'appartenenza. Una stella trasversale.
Una étoile che la Reuters definisce con rispetto e commozione «Italy's leading prima ballerina» consegnandole per sempre quel ruolo che tutti le abbiamo riconosciuto perché con la Fracci siamo cresciuti e in lei abbiamo identificato quella straordinaria capacità di «essere» la propria passione e di non smettere mai di onorarla. Un fuoco sacro che nel 1969 aveva folgorato anche Eugenio Montale, amico di lunga data e compagno di Scala. Sei anni prima di ricevere il Nobel dedicò i versi de La danzatrice stanca alla ballerina che era lontana dalle scene per la maternità e aveva messo tra parentesi la propria vocazione per seguire quella di madre. «Torna a fiori la rosa che pur dianzi languia...» Ma tra tutti i versi oggi quelli che risuonano più tristi e presaghi sono quelli finali: «Poi potrai rimettere le ali non più nubecola, celeste ma terrestre e non è detto che il cielo se ne accorga, basta che uno stupisca che il tuo fiore si rincarna, si meraviglia. Non è di tutti i giorni in questi nivei défilés di morte». E che Carla Fracci, così esile così forte, abbia incarnato un modello anticipatore e moderno così ben cristallizzato nell'imitazione di Virginia Raffaele c'è anche il «pas de deux» con Elio e Le Storie Tese recitando un intermezzo vocale al termine del brano Effetto memoria (Inverno) contenuto nel disco Studentessi del 2008. Un incontro al vertice di due mondi diversi. Ma non è stato di certo l'unico. Carla Fracci aveva la vocazione dell'esploratrice e della portavoce di uno stile (la danza) che si può facilmente accompagnare con altri linguaggi artistici. Lo aveva capito Renato Zero, che nel 1999 la chiamò a partecipare al tour di «Cantiere Fonopoli» con i Momix. E non finisce qui.
Carla Fracci, austera e quasi impalpabile tanto era esile, ha collaborato persino con Povia (nel video del brano Ti insegnerò del 2006) e con Loredana Bertè. Proprio così. Insieme misero in scena lo spettacolo Gerusalemme, ideato e diretto dall'insostituibile Beppe Menegatti alle Terme di Caracalla. Bertè e Fracci, gli opposti coincidono. E anche per questo la «Italy's leading prima ballerina» si è così scolpita nell'immaginario degli italiani, che magari non l'hanno mai vista danzare ma sanno che lei «era» la danza.
A ogni livello.
Per ogni tipo di pubblico, mica solo quello della Scala oppure dei grandi teatri d'opera magari un po' integralisti e legati alla ritualità più accademica. I grandi successi popolari di Carla Fracci sono arrivati anche ad Amici, l'unico grande palcoscenico televisivo nel quale la danza è davvero protagonista. «È stato un bel regalo» ha detto nella sua partecipazione del 2017.
«È stato un regalo per noi» ha replicato Maria De Filippi prima che la nostra più grande ballerina lanciasse un appello tuttora attualissimo: «Non è così facile con i teatri che lasciano il ballo, per me è una tristezza terribile». Le parole forti che sopravvivono e si sentono forti anche nel momento straziante del lutto.
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