E ci mancherebbe. Nella prima estate (si spera) normale dopo l'anestesia Covid si torna a ballare, anzi a «fottersene» e a «ballare» come aveva intuito Dargen D'Amico al Festival di Sanremo. Ovunque gli eventi sono straesauriti e i deejay girano come trottole attirando ogni sera migliaia di persone. Non a caso Gabry Ponte, che da anni è uno dei deejay più popolari, è il secondo italiano più ascoltato al mondo dopo i Maneskin con il brano We could be together. «C'è un dato su Spotify che riguarda il numero di streaming mensili e questo mese, dopo i Maneskin, ci sono io con quindici milioni di ascoltatori mensili lievemente davanti ai Meduza». Sono cifre che vanno oltre il dato contabile. «Con Lum!x, che ha rappresentato l'Austria all'Eurovision Song Contest di Torino abbiamo reinventato We could be together, un classico rave di Daddy Dj uscito più o meno quando con gli Eiffel 65 abbiamo pubblicato il brano Blue alla fine degli anni Novanta» spiega lui che, dall'Akènta Summer Fest all'Ivantus Party dell'altra sera, colleziona sold out a dimostrazione che la dance è uno dei fili conduttori di questa estate. «Mi sto accorgendo che c'è stata una massiccia ripartenza prima per numero di eventi e poi per affluenza».
È una tendenza che poteva essere prevedibile ma che settimana dopo settimana si conferma sempre più prepotente. «Dove, prima del Covid, avremmo avuto un pubblico da tremila persone, oggi ne troviamo cinquemila. E spesso in paesi da duemila abitanti, che per una sera diventano crocevia della musica da ballare». È una delle tendenze della prima estate senza i legacci più stretti della prevenzione Covid. «Io me ne accorgo anche da social. Dopo i miei concerti, vedo che tantissimi spettatori vogliono condividere immagini della serata, quasi a conferma che vuol far sapere quanto si è divertita».
In fondo Gabry Ponte, torinese classe 1973, è uno che ha il polso della situazione come pochi altri. Nel 1999 con gli Eiffel 65 ha fatto il giro del mondo con il singolo Blue (accreditato di 10 milioni di copie vendute con il disco Europop) e conquistato pure una nomination ai Grammy Awards. Da allora è uno dei protagonisti della dance, ha fatto tour in mezzo mondo, è stato giudice di Amici di Maria De Filippi, ad agosto sarà ospite ogni settimana al celebre Cocoricò di Riccione e ora si gode il successo di un brano che «rende attuali gli anni Novanta». Da allora la scena è cambiata. Si va (un po') meno in discoteca ma si riempiono gli eventi che raccolgono molte migliaia di persone: «È un codice rock applicato alla dance». Però talvolta si segnalano esagerazioni, uso di droghe eccetera. «Ho la fortuna che dove mi esibisco io c'è sempre una atmosfera divertente, la platea è pulita se non altro perché ai miei show spesso vengono i genitori con i figli».
E dire che, dopo il boom di metà anni Dieci, la cosiddetta «electronic dance music» altrimenti nota come «edm», era considerata un fenomeno in declino: «Si diceva così anche per il rock prima che arrivassero i Maneskin. Anche nella dance, come nel rock, quando c'è un calo di popolarità sono i produttori e i deejay underground a dare nuovi impulsi e nuove idee fino a che ritorna a essere nuovamente al centro dell'attenzione».
In ogni caso, sia chiaro, non c'è più una definizione precisa di «dance» perché l'arrivo dello streaming ha contribuito a mescolare le tendenze e le scelte di ascolto: «I generi continuano a mischiarsi, c'è una costante contaminazione», spiega Gabry Ponte con un bell'accento torinese dal suo studio di Torino con l'elmetto di Dart Vader di Star Wars sopra un hard disk: «L'essenza del deejay è fare musica senza suonare uno strumento, perciò siamo abituati ad andare a scovare vecchie perle per riportarle in auge.
Chi mi piace? Beh David Guetta, che si rinnova sempre. E anche Calvin Harris, naturalmente», dice con un sorriso largo da qui a lì prima di andare a prepararsi per la prossima lunga, lunghissima nottata a far ballare il pubblico.
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