Levi era avanti di decenni. Oggi i suoi racconti diventerebbero serie tv

Clonazione, stampanti in tre dimensioni, software per vivere le emozioni degli altri...

Primo Levi (disegno di Dariush)
Primo Levi (disegno di Dariush)
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Immaginate una macchina che registra le esperienze di un individuo a livello nervoso e è in grado di farle rivivere a chiunque indossi un apposito casco. Si chiama Torec, e vi permette di provare «sensazioni visive, auditive, tattili, olfattive, gustative, cinestetiche e dolorose» provate da un'altra persona. Magari volete essere un astronauta, o magari un campione di formula uno. Mettete il casco e vivrete l'esperienza.

No, non è una storia di Bradbury o di Asimov, ma è la stessa idea di Strange days, film del 1995, solo che il racconto lo ha scritto Primo Levi, si intitola Trattamento di quiescenza, lo pubblicò Einaudi nel 1966 nella raccolta Storie naturali, e lo potete trovare in questi giorni in una nuova edizione, ovviamente sempre Einaudi. Più che storie naturali sono infatti racconti di fantascienza di uno dei nostri più importanti scrittori (sarà che era anche uno scienziato, un passo avanti a tutti gli umanisti), e dentro ogni racconto ci trovate cose meravigliose e anticipatorie, se fossimo stati intelligenti avremmo potuto inventare la serie Black Mirror con cinquant'anni di anticipo.

Dentro c'è di tutto, l'immaginazione di Levi non ha limiti e neppure è moraleggiante: tutto sul filo visionario, fantastico, scientifico e di un'ironia sublime. La succitata macchina è prodotta da un'azienda che si chiama NATCA. Produttrice di VIP-SCAN, uno scanner che indica il quoziente intellettivo per la selezione di una nuova classe dirigente (si rivelerà farlocco, devono averlo usato davvero in Italia). In un altro racconto, Alcune applicazioni del Mimete, la NACTA produce un duplicatore, simile a un'odierna stampante 3D, ma in grado di riprodurre esattamente la copia di un qualsiasi oggetto. Il rappresentante della NACTA si chiama signor Simpson, e compare diverse volte in vari racconti (stai a vedere che Levi ha anticipato anche Barth Simpson). Il protagonista, a sua volta chimico (alter ego di Levi), prova a usare il Mimete anche per duplicare esseri viventi, e ci riesce. Il signor Simpson lo avvisa che la NACTA è contraria, e lui pure, per continuare a pensare di avere un'anima. «È incredibile quante persone accorte agiscano talora in modo contrario ai propri interessi», commenta il narratore di Levi.

Speculazione invece interessantissima dal punto di vista scientifico, perché teoricamente se potessimo duplicare il nostro corpo, con ogni singola molecola, ogni singolo atomo allo stesso posto, avremmo una copia di noi stessi con i nostri stessi ricordi. Se ricordate la stessa macchina compare poi nel film The Prestige di Christopher Nolan, che però ha preso l'idea dal romanzo di Christopher Priest del 1995, il quale chissà se aveva letto Levi.

E poi licheni che attaccano la carrozzeria delle automobili e vivono di vita propria, riflessioni sulle automobili per etero, automobili per donne e automobili per gay (he-car e she-car), dove «la collisione, che statisticamente dovrebbe essere omo e eterosessuale con pari frequenza, si dimostra invece eterosessuale nel 56% dei casi (media mondiale)», e questo perché le auto prendono l'iniziativa da sole. Altrove compaiono storie con salamandre in grado di rigenerare i propri tessuti (l'Axolotl, esiste davvero, e si studia questa sua capacità ancora oggi) e si riproducono allo stato larvale (la neotenia), con una suggestiva prospettiva di diventare neotenici anche noi, o di esserlo già, dovendo solo completare il nostro percorso evolutivo (riflettendo «sulla terza dentizione dei centenari, che contiene anche una curiosa casistica di calvi a cui i capelli sono rispuntati in tardissima età»).

Ma veniamo all'uscita del libro, perché Primo Levi è nato in Italia e l'editoria all'epoca non era poi diversa da quella di oggi. Perché Storie naturali fu pubblicato sotto uno pseudonimo, quello di Damiano Malabaila. Non perché lo volesse Primo Levi, ma perché gli fu richiesto dal direttore commerciale di Einaudi dell'epoca, Roberto Cerati. Che gli disse di usare uno pseudonimo, perché l'autore di Se questo è un uomo e Una tregua non poteva poi fare un libro di racconti fanta-umoristici. «Non sarebbe possibile vendere un Levi-fantascienza ammiccando a un Levi-Tregua, Lei ben lo capisce». Non so se Primo Levi lo abbia capito, ma si rassegnò a accettare. Cioè, siccome era stato a Auschwitz, doveva scrivere di Auschwitz per tutta la vita, per ragioni commerciali.

Il libro uscì con una fascetta con su scritto «Fantascienza?», attribuita a Italo Calvino. Che spero si rivolgesse all'Einaudi, perché sì, il libro di Primo Levi è sublime sarcastica fantascienza, la vicenda editoriale la solita triste realtà italiana.

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