La lunga lotta di Roma contro Israele

Lo scontro con il popolo ebraico coinvolse gran parte dell'Impero

Arco di Tito, soldati romani in trionfo
Arco di Tito, soldati romani in trionfo

Quanto fossero ingestibili gli ebrei l'Impero Romano lo sapeva. Bastava che uno di loro si atteggiasse a «messia» e ai romani toccava intervenire con grande dispendio. Dopo che Vespasiano e Tito ebbero domato la rivolta del 66-70 d.C. distruggendo addirittura il Tempio, gli ebrei sopravvissuti e non venduti schiavi si rifugiarono presso i correligionari della diaspora. Ma il loro esclusivismo non mancava, neanche «all'estero», di creare problemi con gli autoctoni. Si conosce la «soluzione finale» con cui Adriano nel 135 d.C. la fece finita radendo al suolo Gerusalemme e cambiandogli pure nome.

Dopo l'insurrezione del «messia» Bar Kokhba, Gerusalemme divenne colonia romana, Aelia Capitolina, piena di templi pagani e col divieto assoluto per ogni ebreo di rimettervi piede, pena la morte. Ma non tutti sanno che tra il 70 e il 135 d.C. ci fu un'altra, grande rivolta, questa volta nella diaspora. La racconta per la prima volta Lidia Capponi ne Il mistero del Tempio. La rivolta ebraica sotto Traiano (Salerno Editrice, pagg. 140, euro 14,50). Dopo la mano pesante degli imperatori Flavi, Nerva aveva abolito il fiscus iudaicus, cioè la tassa che colpiva gli ebrei in quanto tali. Ciò aveva provocato malumori in quei «greci», cioè i pagani, che con gli ebrei vivevano a contatto.

Il successore di Nerva, Traiano, dopo la conquista della Dacia mosse contro l'impero dei Parti, nel quale stavano importanti comunità giudaiche. Per garantirsene se non l'appoggio almeno la neutralità, Traiano ventilò agli ebrei due golosissime opportunità: il ritorno in patria degli esuli (anche quelli di seconda e terza generazione vivevano con questo sogno) e la ricostruzione del Tempio a spese dello stato romano.

Incaricò all'uopo due personaggi altolocati scelti appositamente perché discendenti dei due più importanti profanatori del Tempio: Tiberio Giulio Alessandro Giuliano e Gaio Giulio Antioco Epifane Filopappo. Il primo era figlio di Tiberio Giulio Alessandro, che aveva abbandonato la religione ebraica per far carriera nell'impero ed era stato luogotenente di Tito nell'assedio di Gerusalemme culminato nel disastroso incendio del Tempio. Il secondo discendeva da quell'Antioco IV Epifane che aveva scatenato la rivolta dei Maccabei portando l'«abominio della desolazione» profetizzato da Daniele nel Tempio. Traiano conquistò l'Armenia e la Partia, occupando nel 116 la capitale dei parti, Ctesifonte. Il Senato gli diede il titolo di Parthicus e ne decretò la divinizzazione. Primo errore.

Secondo errore: Traiano fece erigere sue statue, ormai «divine», in Gerusalemme.

Ma ormai le speranze messianiche le aveva sollevate e fu catastrofe: gli ebrei si ribellarono ad Alessandria, Cirene, Cipro e in tutto l'ex impero partico, costringendo Traiano a mandare legioni su legioni. Fu un bagno di sangue. La sinagoga di Alessandria, orgoglio dei giudei, fu rasa al suolo e la repressione costò centinaia di migliaia di morti. Traiano morì nel 117 e l'evento fu festeggiato per sempre dai rabbini.

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