La memoria della Shoah è un dovere morale. Pochi eventi nella storia degli esseri umani portano con sé un quantitativo di male paragonabile all'eliminazione sistematica e scientifica di milioni di ebrei, di zingari, di omosessuali e anche di normali oppositori politici perpetrata dai nazisti nei lager e nei ghetti. Ecco perché l'Onu ha fissato nel giorno di oggi, anniversario della liberazione da parte delle truppe sovietiche del campo di Auschwitz, una ricorrenza internazionale. Le ricorrenze stabilite, con l'andare del tempo, rischiano però di avere anche effetti stucchevoli. Come un certo tipo di «marketing della memoria». Si vede anche nell'editoria. Scriveva Hannah Arendt: «Cliché, frasi fatte, l'adesione a codici d'espressione e di condotta convenzionali e standardizzati adempiono la funzione socialmente riconosciuta di proteggerci dalla realtà». La ripetizione di certi schemi, l'eccesso di aggettivi -come straziante o commovente- nelle quarte di copertina rischiano di trasformarsi in un involontario anestetico. Allora nel segnalare i testi più interessanti pubblicati quest'anno in concomitanza con questa ricorrenza sia lode, soprattutto a chi fa sobriamente il contrario. Senza spettacolarizzare e ricordandosi che la radice del male è la sua banalità.
Brilla per sobrietà e completezza di analisi il ponderoso KL. Storia dei campi di concentramento nazisti (Mondadori, pagg. 882, euro 45) di Nikolaus Wachsmann (uno dei massimi esperti del mondo concentrazionario nazista). Pagine asciutte, scientifiche, precise, nessuna tentazione di spettacolarizzare il massacro, anzi la scelta di renderlo nella sua agghiacciante normalità. La sigla Kl che fa da titolo è l'abbreviazione che usavano i nazisti stessi per indicare i Konzentrationslager dei quali, nonostante l'enorme mole di testi sull'argomento, nessuno aveva mai tracciato una storia completa. Wachsmann invece compie un'enorme sforzo di sintesi per intrecciare le microstorie dei singoli con i giganteschi meccanismi, anche economici, che portarono alla creazione di migliaia di lager. Mirabili ad esempio le pagine dedicate a descrivere il fenomeno dei Kapò. Alcuni furono crudeli aguzzini quasi come le SS, altri accettarono quel ruolo come l'unico modo di sopravvivere, altri si prodigarono di nascosto per aiutare i propri compagni. Tutti furono precipitati dalla violenza del campo in una situazione orribilmente ambigua che li segnò per sempre. Molto interessanti anche le pagine dedicate al modo con cui i tedeschi autogiustificarono i lager. La propaganda nazista ne attribuiva l'invenzione agli inglesi e sosteneva che la Germania, anzi, ne aveva temperato gli eccessi. Venne creato anche un apposito film di propaganda, nel 1941, con le maggiori star del cinema di regime: Ohm Crüger. Mentre milioni di persone andavano a morte nei lager tedeschi la Germania intera inorridiva per le crudeltà britanniche nei campi di prigionia delle Guerre anglo-boere (finite nel 1902).
Molto particolare anche il volume pubblicato dalla Leg: La Shoah in 100 mappe di Georges Bensoussan (responsabile editoriale del Mémorial de la Shoah in Francia). Cartina dopo cartina, numero dopo numero, consente di capire l'enormità del massacro. Lo rende visivo e comprensibile senza giocare le corde della facile emotività. Da largo spazio anche al massacro dei Rom di cui spesso si parla meno.
La cartografa Mélanie Marie che ha collaborato al volume è riuscita a rendere in forma grafica anche la diffusione delle notizie sulla reale situazione nei lager durante la guerra. Fa capire quanto lenta fu la reazione degli alleati rispetto alle notizie allarmanti che arrivavano dalla Germania.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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