"Dopo mezzo secolo siamo ancora Nomadi dentro"

Nel disco del gruppo italiano più longevo c'è un nuovo cantante: "Arriva dalla nostra cover band". Intervista a Beppe Carletti

"Dopo mezzo secolo siamo ancora Nomadi dentro"

Alla fine la coerenza paga. I Nomadi sono il più longevo gruppo italiano eppure hanno ancora un seguito fedele e commovente specialmente dal vivo. «Non abbiamo mai tradito le nostre origini, ma stavolta siamo ancora più coerenti con la nostra storia», spiega l'inesauribile Beppe Carletti che è rimasto l'unico membro fondatore e continua a tenere in piedi la band con lo stesso entusiasmo del 1963: «Augusto Daolio ci ha convinto con una sorta di provino durante una serata danzante e da quel momento siamo diventati I Sei Nomadi». Cinquantaquattro anni fa. Da allora la band è diventata un simbolo passando dal beat al rock e al pop ma conservando sempre l'impronta di «famiglia musicale» nella quale di volta in volta entrano i fan. Ora arriva il nuovo capitolo. Un altro disco, che si intitola Nomadi Dentro. E un nuovo cantante, Yuri Cilloni, che arriva proprio da una delle tante «cover band» che sera dopo sera suonano il repertorio nomade nei locali in giro per l'Italia. «I nostri testi oggi sono molto simili a quelli degli anni Sessanta e Settanta», conferma Carletti proprio mentre prepara un tour teatrale: «Le prevendite vanno benissimo, inizieremo il 12 gennaio dal Creberg di Bergamo». L'ennesimo, interminabile giro di concerti.

Però anche stavolta, caro Carletti, sarà una sfida.

«Abbiamo un cantante nuovo che ci ha conquistato subito per la simpatia e la capacità di interpretare molto bene anche le canzoni composte con Augusto. Molti mi hanno chiesto: Ma sei sicuro di prendere un ragazzo che viene da una cover band?. Sì, siamo stati sicuri perché lui è veramente bravo».

In Nomadi Dentro c'è anche un brano composto da Francesco Guccini. Una sorta di ritorno.

«Avevo chiesto a Francesco un brano per celebrare i nostri cinquant'anni di storia. Lui ha scritto il brano Nomadi, che descrive lo spirito della band con un occhio al futuro. Ci è piaciuto subito ma abbiamo aspettato qualche tempo per metterlo in scaletta».

C'è anche Terra di nessuno, scritto dal grande Alberto Salerno, autore anche di Io vagabondo.

«Albertone mi ha mandato il testo 3 o 4 anni fa. È venuto da noi per ascoltare la registrazione e si è commosso come un bambino per la felicità. Mi ha fatto un piacere enorme...».

Ora i teatri.

«Saranno almeno dieci anni che non ci andiamo. E lì porteremo il nostro spirito che, dopo tanti anni, non smette di essere davvero nomade».

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