L'Italia del Family day si è messa nelle mani di un uomo che ama la famiglia al punto tale da aver adottato sette figli perché non poteva averne di suoi. Questa faccia da ayatollah mansuefatto, incorniciata da una fitta barba sale e pepe che si raccorda senza soluzione di continuità ai pochi capelli rasati a zero, è apparsa quasi d'improvviso all'orizzonte il 30 gennaio 2016. Arringava dal palco la folla riunita al Circo Massimo di Roma per protestare contro il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili, quello che nella versione originaria contemplava la possibilità per gli omosessuali di adottare i bambini concepiti negli uteri di madri prese in affitto. Minacciava il governo Renzi di fargliela pagare cara alle urne qualora il provvedimento fosse stato approvato, com'è poi avvenuto, dal Parlamento. Parlava a braccio, con tono di voce risoluto ma pacato, solo a tratti accoratamente tribunizio. Ogni due minuti, dava una sbirciata al foglietto su cui si era appuntato per sommi capi il contenuto del discorso.
Tesi lineari. Nessuna arditezza lessicale. Prima frase: soggetto, predicato, complemento oggetto. Seconda frase: soggetto, predicato, complemento oggetto. E avanti così. Pochi aggettivi. Parole forti: «Chiariamo subito un concetto. Io reputo che l'Italia non sia il fanalino di coda, ma il faro che sta indicando la civiltà all'Europa. Perché è profondamente incivile programmare la nascita di un bambino orfano. Io credo che il movimento femminista dovrebbe vomitare di fronte all'idea che si possa comprare l'utero di una donna». Miei i congiuntivi «sia» e «possa». La piazza preferisce l'indicativo, il modo finito del verbo che presenta obiettivamente un'idea. E non il congiuntivo, che esprime il dubbio.
Di dubbi ne ha davvero pochi il professor Massimo Gandolfini, neurochirurgo e psichiatra, nonno di sei nipoti, eletto per acclamazione presidente del comitato Difendiamo i nostri figli, organizzatore del Family day 2016 e anche di quello convocato il 20 giugno 2015 sempre a Roma, in piazza San Giovanni. Della prima di queste adunate, svoltasi il 12 maggio 2007, si disse che fosse stata indetta direttamente dal cardinale Camillo Ruini, segretario uscente della Conferenza episcopale italiana, per bloccare il disegno di legge del governo Prodi su Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi, in sigla Dico, anche se aveva i volti di Giovanni Giacobbe, presidente del Forum delle famiglie; di Savino Pezzotta, ex segretario generale della Cisl; e di Eugenia Roccella, giornalista, figlia di uno dei fondatori del Partito radicale.
Quando la coscienza bussa alla tua porta, è impossibile fingere di non essere in casa, soprattutto se nelle vene ti scorre il sangue di un eroe risorgimentale. Ma la risolutezza del militante, fondata su rocciose certezze, non rientra nel mainstream, cosicché Gandolfini è stato bollato come oscurantista, sanfedista, omofobo, retrogrado, reazionario, seminatore di odio. In realtà, la sua storia, sconosciuta ai più, parla per lui e dimostra il contrario.
Pur provenendo da una famiglia cattolicissima, il luminare della medicina poteva diventare un terrorista e finire arruolato nelle Brigate rosse o in Prima linea. In gioventù scelse l'«opzione privilegiata per i poveri». Militava nei Cristiani per il socialismo. Professava la teologia della liberazione. Aveva i suoi riferimenti spirituali e politici in Giulio Girardi, il salesiano che si candidò con Democrazia proletaria e venne sospeso a divinis; Ernesto Balducci, lo scolopio che fu stretto collaboratore di Giorgio La Pira; e soprattutto dom Giovanni Franzoni, il benedettino che fu privato del titolo pontificio di abate della comunità monastica romana di San Paolo fuori le mura e dimesso dallo stato clericale in seguito all'esplicito appoggio dato al Pci nelle elezioni del 1976. Il suo giornale preferito era Com Nuovi Tempi, nato dalla fusione di Com, rivista progressista guidata da dom Franzoni, e Nuovi Tempi, testata diretta dal pastore valdese Giorgio Girardet. Votava per il Psi prima che il segretario Francesco De Martino fosse scalzato da Bettino Craxi. E nel referendum abrogativo del 1974 votò a favore del divorzio, anche se oggi si dichiara profondamente pentito di quella scelta.
La sua vita subì una brusca inversione di marcia il 14 maggio 1977, quando Gandolfini si trovò intruppato nel corteo organizzato a Milano per «vendicare» Giorgiana Masi, la studentessa diciannovenne uccisa due giorni prima da un poliziotto in borghese durante una manifestazione dei radicali per l'anniversario del referendum sul divorzio. «Ero lì a far casino con i Cristiani per il socialismo», ricorda il medico. Si trovava a pochi passi da via De Amicis, dove un sottufficiale della Pubblica sicurezza, Antonio Custra, 25 anni, cadde sotto i colpi di un terrorista con il volto coperto dal passamontagna. Un fotoreporter ritrasse uno dei dimostranti nell'atto di puntare la rivoltella sul bersaglio umano, un'immagine terribile che fece il giro del mondo. Lì, davanti al sangue che scorreva sull'asfalto, lo studente universitario prossimo alla laurea cominciò a diventare l'uomo che è oggi.
L'Italia del Family day s'è messa nelle mani di Gandolfini e lui in quelle di Dio. Contano molto, le mani, per un chirurgo, soprattutto se deve aprire le scatole craniche e intervenire sul cervello. Lo si legge in una fotocopia incorniciata all'ingresso del suo studio medico nell'ospedale Poliambulanza di Brescia, dov'è direttore del Dipartimento di neuroscienze per la chirurgia testa-collo, al quale fanno capo le unità operative di neurochirurgia, neurologia, stroke unit, oculistica, otorinolaringoiatria, otologia e rinologia: «Da, Domine, virtutem manibus meis ad curanda omnia morba ut sine deficientia mentis et corporis valeam tibi servire». È un calco della preghiera che il sacerdote pronunciava nella messa in latino, lavandosi le mani prima d'indossare i paramenti liturgici: «Da, Domine, virtutem manibus meis ad abstergendam omnem maculam; ut sine pollutione mentis et corporis valeam tibi servire». In italiano: «Da', o Signore, alle mie mani la virtù che ne cancelli ogni macchia; perché io ti possa servire senza vergogna dell'anima e del corpo».
Gandolfini ha sostituito i termini del sacrificio che almeno tre volte a settimana celebra in sala operatoria sull'encefalo dei pazienti: «Dona, Signore, potenza alle mie mani affinché io possa curare tutte le malattie e, senza debolezza di mente e di corpo, sia capace di servirti». Accanto ha collocato alcuni versetti tratti dal Siracide, il ventottesimo dei 73 libri che compongono la Bibbia: «Dio ha dato agli uomini la scienza perché potessero gloriarsi delle sue meraviglie. Con esse il medico cura ed elimina il dolore.
Anch'essi pregano il Signore perché li guidi felicemente ad alleviare la malattia e a risanarla, perché il malato ritorni alla vita». Insomma, ti appare ben chiaro, mentre aspetti di essere ricevuto per una visita o un consulto, che non sarà un ateo a frugarti nella materia grigia.
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