Il melodramma italiano di primo ottocento è scritto su misura per i cantanti che l'impresario metteva a disposizione del compositore. Non esistono esecuzioni a prescindere dagli interpreti. Sul delicato crinale fra rispetto del testo musicale e caratteristiche (e condizioni) vocali dei cantanti si muove ogni serio lavoro di concertazione del direttore d'orchestra. Inutile invocare filologie violate quando i ruoli sono stati affidati a chi non ha tutte le carte in regola. Nel recente allestimento di Anna Bolena di Donizetti alla Scala, la protagonista Hibla Gerzmava ha vinto la sfida impervia in una parte leggendaria, riportata in vita dal genio unico di Maria Callas. Il pubblico ha premiato anche il volenteroso tenore Piero Pretti (Percy) e rispettato la Seymour di Sonia Ganassi, pur cantata in tormentata difesa. Ridotto a poche note imbarazzanti, Carlo Colombara nel ruolo motore (Enrico VIII) della tragedia. Udibile, purtroppo, Mattia Denti (Rochefort). Corretta Martina Belli (Smeton). Il palcoscenico non ha potuto contare sulla messa in scena, monotona e impacciata, firmata dalla debuttante Marie-Louise Bischofberger - spettacolo in arrivo dal Teatro di Bordeaux.
Alla Scala!! Se sul podio non ci fosse stato un direttore attento ai calibri vocali, rispettoso della dignità del fraseggio donizettiano e capace di sacrificarsi nei pesi fonici come Ion Marin, non sarebbero caduti solo i solisti più platealmente insufficienti, ma anche il responsabile di tante scelte improvvide.
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