da Spoleto
È il massimo complimento che si possa fare ad un grande attore. Quand'è in scena non recita più. Vive. Paradosso incarnato dalla grande Franca Valeri: che a 94 anni suonati ancora va in scena. Proprio per continuare a vivere. «Sono sessant'anni filati che faccio l'attrice - riflette la ferrea, fragilissima signora - in teatro, al cinema, alla radio, in tv. A questo punto, come farne a meno?». Ed eccola allora all'ennesimo debutto, sabato al Festival di Spoleto, con la nuova commedia di cui è inconfondibile autrice, nel classico mix d'ironia, sarcasmo e leggerezza di cui è l'inimitabile, insuperabile autrice: Il cambio dei cavalli.
Perché questo titolo?
«Il cambio dei cavalli era una volta quel che oggi si direbbe far benzina. Cambiare i cavalli, insomma, per poi rimettersi in cammino. Ed è quanto, metaforicamente parlando, fa un ricco imprenditore (Urbano Barberini) quando va a trovare la bizzarra ex amante del padre, nel frattempo defunto, il cui beffardo buon senso gli trasmette la forza di rimettersi in piedi. E senza nemmeno che lui se ne accorga».
Tema serio, insomma, come sempre esposto fra una risata e l'altra.
«Una commedia comica, certo. Perché il teatro - e quello comico in particolare - è da sempre il miglior contenitore delle più segrete ambiguità umane. E ancora una volta scritta pensando a Urbano Barberini, raffinato interprete delle inquietudini attuali».
La rassicurante protagonista, dispensatrice di svagata saggezza, assomiglia forse a Franca Valeri?
«Spesso mi trovo a svolgere lo stesso ruolo, sì. Specialmente con i giovani. Sono così disgraziati, i giovani d'oggi! E in me, ora che sono vecchia, vedono un riferimento. Mi diverte molto, fare la nonna saggia».
Cosa si pensa, quando si va ancora in scena a 94 anni?
«Ah, non lo so. Io non ci penso. Vado in scena esattamente come sessant'anni fa. Certo: il fisico non è più quello. Ma il calore del pubblico mi dà forza. Grazie al calore del pubblico, non rischio di raffreddarmi».
Ma perché sfida i limiti dell'età? Per sentirsi ancora giovane?
«Beh: giovane a 94 anni sarebbe un po' difficile... Per sentirmi ancora viva, diciamo».
La sua comicità ha un sigillo personalissimo, oggi piuttosto svalutato: l'ironia.
«Sì: l'ironia è diventata merce rarissima. Oggi si ride in maniera sbracata, o non si ride affatto. Sarà perché l'ironia richiede gusto, intelligenza, senso della misura... E forse anche perché il periodo che viviamo non offre molte occasioni, d'essere ironici».
I comici di oggi li segue? Le piacciono?
«Mah... Oggi la comicità mi pare orientata soprattutto verso la politica. Il che è naturale: viviamo un'epoca talmente assurda, che l'unico modo per prenderla bene è riderci su. Ma a me la politica non ha mai interessato. Meno che mai divertito».
Non le sembra che un altro tratto della comicità odierna sia la volgarità?
«Ah, sì, sì: non c'è dubbio. Oh Dio: il mezzuccio di far ridere ricorrendo alle parolacce o ai doppi sensi scollacciati è sempre esistito. Io credo di aver pronunciato pochissime parolacce, in scena, e di quelle innocue, dialettali. Non che voglia fare la puritana. È che proprio non saprei come usarle».
Nella sua carriera ha avuto innumerevoli, prestigiosi incontri. Quali ricorda con maggior piacere?
«Ricordo Montanelli e sua moglie Colette: che persone deliziose! Ricordo Flaiano, Moravia, Fellini, Jean Genet, era così stimolante frequentarli! Ma non li ricordo soltanto: ne parlo quasi tutti i giorni, perché i giovani me ne chiedono continuamente. Tu hai conosciuto Chaplin? E com'era? Hai conosciuto De Sica? Racconta!. Erano anni fortunati, quelli. E io sono stata fortunata a viverli».
Una volta, per dimostrare la rarità di comici donne, si citavano due nomi: Franca Valeri e Monica Vitti.
«Mentre oggi molte donne fanne le comiche, è vero. Magari non tutte ci riescono. Però bisogna riconoscere che io e la Vitti abbiamo aperto la strada. E oggi, almeno, le donne non hanno più paura di far ridere».
Ai suoi tempi alle attrici si chiedeva d'essere soprattutto
maggiorate fisiche. È stato difficile farsi strada?«Al contrario! Siccome tutto ero tranne che maggiorata, finivo per essere la più osservata di tutte. E poi, a far ridere c'ero solo io. Quindi, meglio di così...».
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