Morto Wolfgang Petersen, diresse "La storia infinita" e "Air Force One"

Cinquant'anni di carriera, dal teatro alle serie tv ai kolossal da Oscar

Morto Wolfgang Petersen, diresse "La storia infinita" e "Air Force One"

Per capire quale sia stato un caposaldo del cinema di Wolfgang Petersen, occorre rivolgersi alla televisione. Cioè alla serie televisiva poliziesca Tatort, un perfetto meccanismo che coinvolge tutta la Germania dal 1970 (dunque, da quando le Germanie erano due). Trentenne, Petersen fu tra i primi ad azionarlo, firmandone alcuni episodi. Si tratta di gialli tedeschi, che quindi non lasciano spazio a ghirigori e divagazioni. Ecco il caposaldo: la precisione.

Per capire quali siano stati gli altri capisaldi del cinema di Petersen, occorre rivolgersi al teatro. Prima di dedicarsi a Tatort, il suo talento l'aveva infatti coltivato allo Junges Theater di Amburgo, e studiando recitazione. Il teatro è parola, e la parola è lo strumento migliore che l'uomo possiede per raccontare i fatti reali e quelli possibili. Ecco gli altri capisaldi: fedeltà e fantasia.

Nella filmografia del regista morto a Los Angeles a 81 anni, troviamo di tutto. C'è la collaborazione con le grandi star come Clint Eastwood, John Malkovich, Dustin Hoffman, George Clooney, Harrison Ford, Brad Pitt. C'è la guerra come epico palcoscenico del male e delle sue conseguenze, come in U-Boot 96 (titolo italiano di Das Boot, del 1981) che gli fruttò due premi Oscar, per la regia e per l'adattamento del romanzo autobiografico di Lothar-Günther Buchheim del 1973. C'è la fabula che avvince qualsiasi fascia di pubblico, con La storia infinita, kolossal di produzione tedesca dell'84 da 25 milioni di marchi (record ancora imbattuto, per la Germania), ma girato in inglese. C'è il poliziesco arricchito da tanta azione e dai marcati toni drammatici, come in Nel centro del mirino, del '93, fra l'altro il primo film realizzato con la piena collaborazione dei servizi segreti statunitensi. C'è il filone pandemico (successivamente sfruttato da altri con risultati grotteschi) di Virus letale, del '95. C'è l'altra paura ricorrente, nel mondo a stelle e strisce e nell'intero pianeta, quella dell'evento che potrebbe causare la catastrofe, in Air Force One del '97 (pare che per le riprese esterne i produttori abbiano noleggiato un aereo Boeing 747 della Kalitta Air e lo abbiano ridipinto per farlo sembrare l'Air Force One, e chissà come la prese il geometrico e rigoroso Petersen). E c'è la storia antica, talmente antica da risalire al mito, con Troy, del 2004, premio Oscar.

Ma tutto ciò non ha fatto di Wolfgang Petersen un'industria cinematografica in carne e ossa, un cineasta buono per tutte le occasioni e per tutti i copioni. Lo ha ricordato Glenn Close parlando del fuori set di Air Force One: «Anche se la sceneggiatura era elettrizzante e incredibilmente intensa, ricordo molte risate, specialmente nelle scene attorno all'enorme tavolo nella War Room.

Il mio ricordo è di un uomo pieno di gioia di vivere che stava facendo ciò che amava di più fare». Petersen è morto a Brentwood, lussuoso quartiere del Westside di Los Angeles. Dopo tanto lavoro e dopo tante storie così difficili da raccontare, un posto giusto per riposare in pace.

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