Per una volta il ritardo dei treni mi avvantaggia. Arrivo a metà pomeriggio al Museo della scienza di Trento (Muse) e ho il privilegio di visitare in anteprima e da solo la mostra «Il Viaggio Meraviglioso», che si è inaugurata ieri nel Palazzo delle Albere. In realtà, non proprio da solo, ma addirittura con diversi accompagnatori, fra cui l'ideatore, Stefano Zecchi (presidente del Muse), la curatrice, Beatrice Mosca, e l'allestitore, Silvio De Ponte. Altra piacevolezza: la mostra non è né «interattiva», né «multimediale» nel senso più comune. In altre parole, non sarete sottoposti a una gragnuola di stimoli a cui far fronte a tutti i costi, uscendone prostrati e con addosso la frustrazione di non sembrare abbastanza intelligenti. Da molte esposizioni si ha l'impressione di doversi difendere, qui ci si può abbandonare. Nei fatti, è un percorso nella penombra. Si entra in una specie di tunnel foderato da centinaia di anemoni di carta, il proemio a una serie di sette sale in cui si snoda il senso del sottotitolo «Tra scienza e filosofia». Le uniche sollecitazioni a cui ci si trova di fronte sono alcune frasi alle pareti, citazioni di scrittori, pensatori, scienziati, e i filmati, su grandi schermi, di altrettanti capitoli di un cortometraggio in bianco e nero di trenta minuti, molto ben girato e interpretato da attori professionisti del Piccolo Teatro di Milano.
Lasciarsi trasportare, appunto. A partire da una frase tratta dai Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese: «Ci vuole un mito, ci vogliono miti, universali fantastici, per esprimere a fondo quest'esperienza che è il mio posto nel mondo». Ho mentalmente ricollegato questa frase a un'altra, quasi alla fine, di Stephen Hawking: «L'Universo non sarebbe granché se non fosse la casa delle persone che ami». In mezzo c'è l'elaborazione incrociata di tre concetti cardine: Pensiero, Bellezza, Amore. La nostra esperienza nel cosmo è calibrata su di essi. È un itinerario attraverso la storia: dalla purezza primigenia del mito si approda subito al logos, alla luce della ragione di Platone e Aristotele, per passare poi alla visione teologica di un cielo stellato, con un rimando a Sant'Agostino, e incontrare l'umanesimo di Leonardo da Vinci. Capitolo successivo, nuova stanza, per la Scienza Moderna riassunta nelle figure di Galileo, Isaac Newton, Cartesio e la sua visita a Cristina di Svezia, la regina di ghiaccio. Sullo schermo passano le immagini dei personaggi raffigurati nella quotidianità, fuori dalla retorica della scoperta, Galileo che trasmette al discepolo Andrea Sarti il manoscritto con la verità scientifica.
Le immagini sono state girate in alcuni dei più bei castelli del Trentino, il castello del Buonconsiglio, quello di Thun, e castel Toblino. Gli attori recitano sullo sfondo di mura, stanze medievali, laghi e foreste, dialogano fra loro come un Orfeo e Euridice che vogliano risorgere alla luce (la regia di Cesare Cicardini e la fotografia delle riprese sono di alto livello, così come l'interpretazione degli attori, a tratti davvero commovente). La sceneggiatura di Beatrice Mosca corre dunque parallela agli allestimenti delle stanze, a scenografie e luci che vanno da installazioni di sapore archeologico a trame di organza, da prismi cromatici a uno schermo composto di fili, un sipario che conduce al termine del cammino.
Le ultime tre stanze sono dedicate rispettivamente alla Scienza moderna, a quella contemporanea e agli interrogativi epistemologici ed esistenziali sul rapporto tra spazio, tempo, esistenza dell'universo e senso dell'uomo al suo interno. Zecchi ieri all'inaugurazione ha spiegato: «Volevamo mettere insieme scienza e filosofia, due immagini femminili che si attraggono in modo sensuale, con un rapporto cercato, voluto, desiderato, ma non sempre raggiunto. Due mani che si cercano e vogliono incontrarsi». Il che è raffigurato nel manifesto di Alessandro Sanna. L'autrice della sceneggiatura del cortometraggio, Beatrice Mosca, dice di aver pensato a far vivere l'idea del viaggio nel tempo. Una trama con i personaggi da girare nei Castelli del Trentino, con un attore narratore che scriveva i capitoli della storia e accompagnava gli spettatori, stanza dopo stanza. «Non amo definirla multimediale, abbiamo evitato il diluvio di immagini suggestive sempre artefatte. Abbiamo cercato di costruire un'opera totale, dove l'arte teatrale, le riprese filmiche, le scenografie, le parole di poeti, scrittori, scienziati, filosofi, drammaturghi e la musica diventano un tutt'uno».
Riassumendo: quella che è ben più facile da vivere come un'esperienza, scusate le parole abusate, immersiva, suggestiva ed evocativa, è in realtà davvero un piccolo grande viaggio nella definizione di bellezza e pensiero. Non cercate di essere troppo razionali, quando la vivrete. Lasciate che gli spunti vi attraversino. Avranno tempo per sedimentarsi. Più che una mostra, è un'opera d'arte, propedeutica all'approfondimento successivo che ognuno vorrà dedicare, andandosi magari a leggere o rileggere le fonti citate. E infatti all'inaugurazione appare anche il direttore del Mart di Rovereto, Vittorio Sgarbi.
Ma se vedete la mostra, prendete il biglietto che comprende anche la visita al Museo della Scienza, un palazzo di sei piani, tutto trasparente (Renzo Piano), dove si possono avvicinare centinaia di animali tassodermizzati, tutti quelli che abitano da queste parti, dall'aquila all'orso, passando attraverso gli insetti, i rettili, i pesci. Qualcuno mi dice che di orsi vivi ce ne sono una cinquantina, nella regione, quelli è meglio non incontrarli.
I bambini si divertono parecchio con le spiegazioni di scienza, tecnologia, geologia, e con gli scheletri degli animali preistorici. Un colpo d'occhio notevole. È solo un bene se la gente si avvicina alla scienza, cominciando a capirne qualcosa. Non sempre a scuola succede.
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