Una serie tv che miscela la fiction con la realtà storica. Fin dalla sua prima apparizione, Narcos: Messico ha destato molto interesse da parte del pubblico, tanto è vero che in pochissimo tempo è diventata una tra le produzioni Netflix più famose degli ultimi anni. Dal web, la serie trasloca temporaneamente in tv per quel tipo di spettatore che non ha ancora a disposizione un abbonamento al colosso dello streaming americano. Infatti, l'episodio uno e due della seconda stagione di Narcos: Messico (interamente disponibile su Netflix) arriva dal 13 marzo su Rai4 in prima serata. Una ghiotta occasione per vedere o rivdedere un piccolo (ma grande) gioiello della serialità contemporanea.
Non è comunque una serie tv adatta a tutti. È uno show complesso, stratificato, unico nel suo genere, capace di essere un prodotto di evasione ma anche una brillante ricostruzione storica. E la sua caratteristica peculiare la si trova proprio in questa particolarità. Un successo tutto meritato. Tanto è vero che a una seconda stagione sono già in fase di produzione altri episodi. Secondo le indiscrezioni dovrebbero essere pronti entro la fine del 2021, pandemia permettendo.
Di cosa parla Narcos: Messico
Come i precedenti, anche il secondo capitolo della saga malavitosa creata da Carlo Bernard e Doug Miro è composta da 10 episodi, alcuni della durata di 45 minuti altri invece arrivano a sfiorare i 65 minuti effettivi. Girata in Messico e negli Stati Uniti, la serie è recitata in lingua inglese ma anche in spagnolo e in messicano, una scelta che è stata fortemente voluta dalla produzione per mantenere la veridicità del racconto. La storia è ambientata a inizio degli anni ’80 ed è un susseguirsi di colpi di scena. Si focalizza sulle vicende di Enrique "Kiki" Camarena (Michael Pena), agente della DEA.
Arrivato da Los Angeles a Guadalajara insieme a moglie e figlio per cercare di fermare l’ascesa del "Cartello di Guadalajara", l’uomo a sue spese scopre molto rapidamente che il compito è più impegnativo di quanto avrebbe potuto immaginare. Le indagini, infatti, conducono l’agente sulle tracce di Miguel Angel Felix Gallardo (Diego Luna). Lui è il leder del Cartello e fondatore di un prolifico impero della droga che dal Messico si spinge fin dentro il cuore degli Stati Uniti. La storia viene "letta" da entrambi i punti di vista, sia quello degli agenti DEA che dei spacciatori, così da regalare allo spettatore una visione d’insieme.
Fiction e storia: tutte le verità su "Cartello di Guadalajara"
La serie tv ha un grande pregio. Narcos: Messico ha alzato il velo su una delle associazioni criminali più pericolose che ha preso piede nell’America degli anni ’80. Il cartello di Guadalajara, infatti, ha spacciato e coltivato droga per un lungo decennio. Si dice che sia nato nel febbraio del 1980 e che abbia continuato le sue attività fino alla fine del 1989. Il suo scopo era quello di introdurre negli Stati Uniti l’eroina e la marijuana. Il Cartello sul territorio è stato così longevo perché ha collaborato con altre mafie dell’America del sud, come quella colombiana, arrivando a mettere mano persino sul traffico della cocaina. Un regno del terrore che è prosperato a lungo. Secondo il giornalista Peter Dale Scott (che si è interessato all’influenza delle mafie messicane all’interno della comunità nord-americana), il cartello ha agito indisturbato perché ha potuto contare sulla protezione della DFS. Si tratta dell’agenzia di intelligence messicana che ha coperto molti dei loro traffici.
La serie tv racconta i primi anni del cartello, e lo fa attraverso la figura del suo capostipite. Diego Luna, carismatico nel ruolo di Miguel Gallardo, regala un volto umano al narcotrafficante, facendo emergere luci e ombre di un personaggio assai perverso. Nel corso del tempo tre sono stati i boss, dopo Miguel, che sono stati a capo del Cartello. Narcos: Messico però, almeno per il momento, non affronta la rivalità con il "Cartello del Golfo", anche lui impegnato a spacciare droga tra Messico e Stati Uniti. Proprio perché condivideva con quello di Guadalajara gli stessi traffici, i due clan molto spesso si sono trovati l’uno contro l’altro, in una guerra all’ultimo sangue. Quasi tutti i personaggi che sono presenti nella serie di Netflix sono realmente esisti. Non solo Miguel Gallardo, anche l’agente della DEA che arriva in Messico per fermare il Cartello. L’agente Camarena nella realtà viene ucciso il 7 febbraio del 1985, dopo che è stato rapito e torturato. La sua morte è stato il primo caso di alto profilo che ha visto coinvolto un agente statunitense in territorio straniero.
Quel macabro omicidio sul set
Durante le riprese della prima stagione, era l’aprile del 2017, un assistente di produzione è stato ucciso. Carlos Munoz Portal aveva il compito di trovare le location migliori in cui poter girare gli episodi della serie tv e, durante un’escursione in un’aerea al confine con lo stato dell’Hidalgo, nel comune di Temascalapa, il giovane è stato ucciso. Si trovava in questo territorio del Messico così difficile proprio perché nell’Hidalgo si sarebbe dovuta girare una scena della serie. Rapito e poi crivellato di colpi, il cadavere del trentasettenne è stato nascosto in un bagagliaio di un’automobile.
Ciò che è avvenuto sul set ha creato diversi problemi. All’inizio, infatti, dalla produzione fu ipotizzato di spostare le riprese in Colombia ai danni dei lavoratori messicani, ma l’ipotesi è subito sfumata. Sulla morte di Portal è intervenuta la Polizia di Stato, ma ancora oggi non è stato trovato il colpevole. Si dice che l’assistente sia stato ucciso lontano dal centro abitato e per questo motivo le autorità non hanno trovato nessun testimone. Il lavoratore, prima di collaborare per la serie di Netflix, ha trovato location per i film di Fast & Furious e di 007.
Prima di Narcos: Messico c’era l’epopea malavitosa di Pablo Escobar (e non solo)
La serie che arriva su Rai 4 in realtà non è un prodotto originale, ma è uno spin-off. Prima delle "avventure" sul suolo messicano, Netflix ha riletto la nascita dei cartelli della droga attraverso le vicende di Pablo Escobar. Dal 2015 al 2017 sono state prodotte tre stagioni di Narcos, ambientata in Colombia, in cui si raccontava l’ascesa del Cartello di Medellin, guidato appunto dal losco Escobar. Anche in questo caso, la serie ha miscelato la realtà alla finzione mettendo in mostra il ritratto di un uomo forte e tenebroso che ha trovato soldi e, soprattutto, ha trovato la fama attraverso lo spaccio di armi e di droga. Sulla vita di Pablo sono state prodotte due stagioni. La terza si è focalizzata su un altro cartello, quello di Cali, nato sulle polveri dell’impero di Escobar. Narcos: Messico è il sequel ideale, a cambiare è solo il cast.
Il Messico e i traffici di droga tra film e biografie
Queste saghe malavitose hanno sempre destato grande interesse da parte del pubblico. L’esempio di Narcos: Messico è solo l’ultimo dei tanti. Su Escobar e su tutti gli imperi che sono succeduti, il cinema ha lodato molto spesso le sue "imprese". Come in Il Fascino del Male, film con Penelope Cruz e Javier Barden, in cui si è esplorato l’amore di Pablo con la giornalista Virginia Allejo.
E in letteratura sono tanti gli autori che si sono cimentati in un’opera di ricerca e di ricostruzione di una sanguinaria epoca storica. Come El Chapo – l’ultimo dei Narcos, che racconta la storia di uno tra i 10 uomini più ricercati del Messico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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